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I benefici dell’olio extra vergine d’oliva

Le più recenti teorie sull’alimentazione attribuiscono all’olio di oliva, proprio per le sue caratteristiche e proprietà nutrizionali, un posto d’onore tra i grassi che entrano nella nostra dieta. L’olio d’oliva per eccellenza è “l’olio extra vergine di oliva”.  

Dall’oramai storico lavoro “Seven Country Study” (1960) nasce il concetto di dieta mediterranea. In tale studio si evidenziò la relazione esistente tra quantità di grassi saturi introdotti con la dieta, livelli di colesterolo nel siero e mortalità cronica che Angel Keys intuì notando che, nel bacino mediterraneo, la mortalità per infarto del miocardio è inferiore rispetto ai paesi dell’Europa continentale e agli U.S.A.

La dieta mediterranea fondamentalmente si basa sull’uso del pane, olio e vino, integrata da proteine vegetali (legumi) e animali (pesce), ricca in frutta e verdura. La cucina mediterranea, che trova la sua espressione in quella meridionale, soprattutto pugliese, fornisce una dieta equilibrata e integrata, ricca di vitamine e composti antiossidanti, nei quali i grassi sono rappresentati, quasi esclusivamente, dall’olio di oliva.

Il territorio Salentino è caratterizzato da vasti terreni di ulivi che, col tempo, stanno andando mano scomparendo un po’ per incuria umana e un po’ perché la modernità sta abbandonando la campagna.

 La prima maniera di fare l’olio fu di spremere le olive con le mani, oppure di pestarle con i piedi alla maniera dell’uva. Era il sistema più antico, ed anche il più semplice, praticato fino al secolo scorso in Marocco e in piccoli centri agricoli dell’Italia meridionale. Pare che gli antichi contadini del Salento fossero tanto bravi nella produzione dell’olio da riuscire a estrarne sino alle ultime gocce anche dalla sansa, praticando una tecnica tutta personale.

Il segno del giusto grado di maturazione delle olive era costituito dal colore delle drupe, che da verdi sfumavano al nero. Allora bisognava raccoglierle al più presto possibile, per ottenere l’olio migliore, quello detto onfacino. Plinio sosteneva che il colore nero delle olive era il segno della “corruzione” e che solo le olive verdi davano l’olio migliore, quello viride. Le olive scartate, nerissime e mollicce, o quelle cadute al suolo, erano lavorate a parte perché da esse si otteneva un olio di qualità scadente, l’olio cibario (cibarium oleum), che era distribuito agli schiavi come razione alimentare insieme con il vino acquerello (lora) e pane ordinario e nero (panis cibarius et sordidus panis).

La raccolta delle olive richiedeva, e richiede, lavoro e pazienza, perché dovevano essere staccate dall’albero a mano, ad una ad una, raggiungendo con una scala quelle sui rami più alti.

Le olive scartate, nerissime e mollicce, o quelle cadute al suolo, erano lavorate a parte perché da esse si otteneva un olio di qualità scadente, l’olio cibario (cibarium oleum), che era distribuito agli schiavi come razione alimentare insieme con il vino acquerello (lora) e pane ordinario e nero (panis cibarius et sordidus panis).

L’epoca di raccolta ottimale può, in ogni caso, essere individuata indicativamente con l’inizio dell’invaiatura del frutto ed essere estesa a tutto il periodo di maturazione della drupa.

I procedimenti che generano l’olio di oliva possono apparire lunghi e difficoltosi ma se si pensa che, in compenso, è possibile mangiare del buon olio, prodotto a modo proprio e soprattutto senza nessuna aggiunta di additivi chimici, la fatica è ben rapportata ad un buon palato e, conseguentemente, ad un livello di qualità vitae alto.

Ringrazio per la collaborazione il Dott. Pierluigi Vilei.

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(Lo stesso articolo lo trovate sul Gallo a pagina 14)

 

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