“Luoghi della preistoria. Porto Badisco e la Grotta dei Cervi” e dei “Sotterranei del Castello”.

Ieri 3 agosto, alle ore 19.00, presso il Castello Aragonese di Otranto, si è svolta l’inaugurazione dei percorsi espositivi dei “Luoghi della preistoria. Porto Badisco e la Grotta dei Cervi” e dei “Sotterranei del Castello”.

”Si conclude un lungo percorso che ha visto impegnata l’Amministrazione Comunale nel portare avanti un piano di valorizzazione del Castello Aragonese”, dichiara il Sindaco Luciano Cariddi.

”Sin dal nostro insediamento abbiamo posto una forte attenzione al nostro patrimonio storico-culturale guardando ai potenziali luoghi e contenitori utili per rafforzare la nostra offerta. Tra questi, certamente il castello rappresenta, oltre che uno dei monumenti cittadini, anche un contenitore ideale quale sede museale della Città. La gestione dell’antico maniero, all’inizio della nostra esperienza di governo, rappresentava una voce consistente nel passivo del bilancio comunale e decidemmo così di aprire all’esperienza di una gestione imprenditoriale affidandola, con un bando, a soggetti privati. Contestualmente, approfittando del decreto legislativo sul Federalismo demaniale 85/2010 art. 5, abbiamo avviato un tavolo tecnico con il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo e con l’Agenzia del Demanio conclusosi con il passaggio di proprietà a titolo gratuito al Comune di Otranto verso la fine del 2013”.

”In questi anni”, prosegue il primo cittadino, “abbiamo intensificato i nostri interventi per la ristrutturazione , il restauro, la messa a norma degli impianti e l’abbattimento delle barriere architettoniche per consentire la destinazione museale immaginata. Oggi consegniamo alla Città e ai tanti turisti un luogo veramente unico di forte fascino e suggestione che ospiterà stabilmente, nel piano superiore, la sezione che inauguriamo dedicata ai luoghi della preistoria, con importante finestra soprattutto sul ricco patrimonio archeologico della Grotta dei Cervi. Sarà così possibile effettuare una visita mediata di questo sito del Paleolitico con le sue raffigurazioni pittoriche risalenti al Neolitico mediante gli strumenti della realtà virtuale e con filmati in 3D. Verranno, inoltre, esposti molti dei reperti archeologici rinvenuti e restaurati in occasione di questo nostro progetto”.
”Per la prima volta saranno anche aperti al pubblico i sotterranei del castello, visitabili in gruppi contingentati lungo il percorso perimetrale del maniero che consente di leggere la stratificazione storica e architettonica della struttura. Tutto il piano centrale, invece, è stato attrezzato e resterà disponibile per ospitare mostre temporanee che potranno alternarsi nel tempo. Interessanti anche gli spazi dedicati all’immaginario letterario otrantino che raccoglierà testi e opere varie che si richiamano alla nostra Città e all’Abbazia di San Nicola di Casole”.

”Diverse sono infine le stanze, come la Triangolare e la Rettangolare, ma anche alcune che si affacciano sull’atrio e che insistono sul piano terrazze, utili per ospitare occasioni varie, convegni e appuntamenti culturali cui il nostro castello può prestarsi”.
”Un bilancio, quindi, certamente positivo quello che ci ha visti impegnati a ideare una nuova vita per questo antico monumento il quale, oltre a rappresentare uno dei punti di forza dell’offerta culturale cittadina, è divenuto anche fattore di produzione economica e di nuove occasioni di lavoro per i nostri giovani”.

E conclude: “Un esempio questo di collaborazione istituzionale fattiva tra vari enti. Oggi dobbiamo pubblicamente ringraziare l’Agenzia del Demanio che ha creduto nel nostro programma di valorizzazione, il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo, che con noi ha costantemente seguito e coordinato i lavori, e l’Università del Salento che ha messo a disposizione conoscenze e tecnologie utili per il buon esito finale degli allestimenti. Un ringraziamento ovviamente anche a tutti quanti, dipendenti comunali e collaboratori professionisti, hanno fornito il proprio contributo”.

 

 

Rino Bianco – Coordinatore scientifico dell’esposizione “Grotta dei Cervi”

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A quarantacinque anni dalla scoperta della Grotta dei Cervi di Porto Badisco, avvenuta nel 1970, i materiali archeologici scavati da Felice Gino Lo Porto, allora Soprintendente all’Archeologia della Puglia, saranno esposti nel Castello di Otranto dal prossimo 3 Agosto. Da un anno depositati presso l’Università del Salento sono stati studiati grazie ad una sinergia tra Soprintendenza, Comune di Otranto ed Università. Circa 250 reperti, selezionati da duecento cassette di materiali, sono illustrati in un percorso che ha per oggetto anche altre testimonianze preistoriche otrantine. Certo l’attuale esposizione è solo un inizio: devono essere ancora studiati i materiali delle successive campagne di scavo eseguite da Lo Porto e da Paolo Graziosi, autore dello studio del ciclo pittorico delle Grotte dei Cervi. In ogni caso l’esame dei primi materiali consente di delineare la storia delle frequentazioni nella grotta a partire dal tardo paleolitico (13-9mila anni fa circa), quando Homo sapiens utilizza la grotta come riparo lasciando testimonianze della propria presenza. L’Uomo ritorna in quei cunicoli solo dal Neolitico (VI-V millennio a. C.), quando nel Mediterraneo si diffondono l’agricoltura e l’allevamento grazie alle favorevoli condizioni climatiche del postglaciale. Tra Neolitico e prima età dei metalli (IV-III millennio a. C.) le comunità insediate nell’area di Badisco entrano in quei cunicoli per motivi dettati dalle credenze religiose proprie delle società agricole, celebrando rituali propiziatori rivolti alla Natura (Madre Terra), che doveva garantirne la sopravvivenza attraverso il buon esito dei raccolti agricoli e le nascite degli animali cacciati e allevati.

E’ nel corso di quelle cerimonie che è stato dipinto il repertorio di immagini e simboli, per il quale la grotta è stata definita “santuario della preistoria europea”. A parte le poche pitture in ocra rossa databili alla fine del paleolitico, la maggioranza delle pitture in colore nero, eseguite con guano di pipistrello, si data al Neolitico e alla prima età dei metalli. Sono narrazioni figurative con scene di caccia al cervo, di agricoltura e forse di vita sociale. Nelle pitture in nero, secondo Graziosi, si passa dalle figure umane schematiche ancora riconoscibili a quelle astratte, fatte di linee curve in forma di S o di linee spezzate come nel caso del cd. “sciamano”. I segni e i simboli dipinti richiamano le decorazioni presenti sui vasi neolitici del V millennio a. C., su cui sono intrecci di spirali e meandri, che trovano origine nel Neolitico dell’area dalmato-balcanica.

Nel percorso espositivo si può provare l’emozione di un virtual tour in 3D nella Grotta dei Cervi, chiusa al pubblico per motivi legati alla conservazione delle pitture e per le difficoltà di attraversamento dei corridoi interni. Il filmato 3D è stato realizzato dal team internazionale La Salle, di cui fanno parte lo speleologo salentino Antonio Danieli e Jean-Marie Chauvet scopritore della grotta omonima in Francia e che ha operato in Grotta dei Cervi.

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Nell’esposizione sono ceramiche (vasi) e strumenti su pietra e osso, che documentano l’evoluzione culturale delle comunità agricole locali. Significativi sono i vasi rituali neolitici, che presentano sull’imboccatura volti schematici o figurati della Dea Madre o le pintadere, sorta di “timbri” per dipingere il corpo nel corso delle cerimonie rituali e iniziatiche. A queste ultime rinviano le impronte di mani rinvenute nella caverna più remota. E’ possibile che in Grotta dei Cervi i giovani membri delle comunità praticassero prove di iniziazione, di passaggio dall’età giovanile all’età adulta. I bambini, da soli o in piccolo gruppo, dovevano raggiungere la sala più remota della grotta, dove lasciare la prova del proprio coraggio: le impronte delle mani intinte nel guano. Il rituale è evocato in una ricostruzione multimediale: gli adolescenti arrivano nella grotta accompagnati dalla comunità e dallo “sciamano” preposto alle cerimonie, per poi iniziare il difficile attraversamento dei cunicoli verso la sala più interna.

Oltre alle testimonianze archeologiche del VI-III millennio a.C. si presentano anche quelle della successiva età del bronzo. Oggi, grazie all’esame dei materiali scavati nel 1970-1971, possiamo dire che Grotta dei Cervi è stata frequentata anche dalle genti del vicino abitato dell’età del bronzo di Portorusso, scoperto sulla destra dell’insenatura di Badisco. L’abitato (1600-1400 a. C. circa), illustrato nell’esposizione, sembra essere stato distrutto nel corso di un evento bellico, forse un attacco “straniero”, così come documentato anche a Rocavecchia.

Forse la memoria dell’abitato di Portorusso e dei contatti con la civiltà egeo-micenea ha alimentato la leggenda dello sbarco di Enea e della sua gente in fuga da Troia nella baia di Badisco, episodio della saga troiana ripreso da Virgilio nell’Eneide e presente in altri siti con insediamenti dell’età del bronzo come Castro e Leuca-Santuario, tutte località in cui il culto della dea troiana Athena (Minerva per i Latini) sembra essere stata traslato in quello della Vergine

Maria, che a Badisco era officiato nella chiesetta di S. Maria di Badisco distrutta dalla tsunami del 1743 e ritrovata nel corso dei lavori di sistemazione della locale piazzetta. Le ultime frequentazioni in Grotta dei Cervi sembrano risalire all’età tardo-ellenistica (II- I secolo a. C.) o subito dopo, quando le grotte, a causa forse dell’abbandono dei luoghi e del deterioramento climatico del V-VI secolo d. C., si obliterano e di esse si perde il ricordo.

 

Sotterranei del Castello
Un nuovo progetto di restauro dei sotterranei ha reso fruibile al pubblico il percorso del piano basso. I lavori di recupero hanno evidenziato una fitta rete di cunicoli che si snoda sotto il cortile interno e le sale del castello.

Le visite guidate, circa 15 persone per volta, prevedono l’utilizzo di un casco con luce. Un percorso circolare suggestivo su diversi livelli che parte dalla Sala Rettangolare e fa uso di nuove tecnologie. Due ologrammi si materializzeranno lungo i cunicoli: Alfonso d’Aragona che parla della funzione dei fossati nel passato nell’ambito del sistema di fortificazioni, e una donna di altri tempi che racconta storie mitologiche della Città.

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