“Le sorelle Lacroix” di Georges Simenon
Come può deludere Georges Simenon? Impossibile.
Così LE SORELLE LACROIX m’hanno tenuto compagnia durante il weekend al mare nella splendida cittadina di Viareggio.
Un libro scritto nel 1937 ha sicuramente numerosi aspetti affascinanti.
Un’epoca lontana, così diversa, così drammatica, così cruda.

“…Piena di grazia, il Signore è teco…piena di grazia, il Signore è teco…” è la litania di Genoveffa, figlia di Matilde e Emanuele Vernes, restauratore e pittore che, all’interno del suo atelier, al piano superiore crea, disfa e si isola dal mondo anche attraverso una profonda scrittura che sarà poi ritrovata dopo il suo suicidio.
Protagoniste sono le due sorelle Lacroix, Matilde e Leopoldina chiamata Poldina, vivono tutti insieme in questa grande casa e l’odio, il disprezzo e la mancanza di fiducia sono gli ingredienti delle loro giornate.
Genoveffa ha un fratello, si chiama Giacomo e vuole scappare via con la sua fidanzata (figlia del notaio) perché non sopporta più il clima ostile che si respira sopratutto tra le due sorelle.
Genoveffa però vive di presentimenti, dice che si sta ammalando, un fatto poi (all’inizio del libro) farà da apripista ad una serie di angherie.
Il libro si divide in tre parti e Genoveffa, dopo una serie di incontri con diversi dottori, morirà.
Così facendo le due sorelle vivranno insieme, certo, secondo la loro modalità dove ODIO e RANCORE son sempre a portata di mano.
L’arsenico sarà tra i protagonisti del romanzo, 171 pagine di tensione e sentimenti vari.
Matilde ed Emanuele pur dormendo nella stessa camera non si parlano dalla nascita di Genoveffa, cioè da quando Matilde ha scoperto che lui e la sorella erano amanti e che Sofia era sua figlia. Il matrimonio e l’immediato esilio in Svizzera del marito casuale era stato l’espediente per dare una decente copertura.
“Esse erano due, due Lacroix che potevano vivere perché potevano odiarsi a vicenda, sospettarsi, sorridersi con falsità, osservarsi di sottecchi, camminare sulla punta dei piedi… e l’odio diventava più spesso, più denso più pesante, poiché lo spazio era più ristretto”

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