Con la morte di Muammar Gheddafi e la conseguente caduta del suo Regime, il Paese sta attraversando un periodo di crisi che non risparmia qualsiasi comparto. Allo stallo della situazione politica si aggiungono problematiche economiche nonché profonde criticità afferenti la cornice di sicurezza interna che allo stato attuale risulta particolarmente degradata in varie aree del Paese, in particolar modo in quelle dove sorgono i principali centri urbani o quelle zone di preponderante interesse economico (quali ad esempio quelle dove sono presenti i siti petroliferi).
Facendo un excursus storico, la Rivoluzione del 17 Febbraio 2011 che diede vita alla deposizione del Regime di Muammar Gheddafi,

Muammar Gheddafi
non presentava, almeno inizialmente, nessuna sfumatura a caratterizzazione ideologica riferibile a quella che può essere definita la galassia dell’estremismo islamico. Inoltre, sulla scia dei pesanti tumulti popolari della cosiddetta Primavera Araba, che ha avuto il naturale sfogo nel quadrante Nord Africano, lo strato sociale più povero della Libia ha trovato le giuste motivazioni per far decadere un Regime che per più di quarant’anni aveva costretto il Paese a sottostare ad una rigida egemonia.
Determinante ed evidente fu il costante e massiccio appoggio della Comunità Internazionale che, con l’intervento militare (Missione denominata Unified Protector) ha dato un decisivo impulso all’allora popolo in rivolta, i cosiddetti Thuwar (rivoluzionari) i quali, senza tale supporto, non avrebbero mai avuto quelle capacità operative per sovrastare il dispositivo militare di Gheddafi.
Le varie embrionali articolazioni politiche che si sono susseguite da allora, primo fra tutti il Consiglio Nazionale di Transizione, al tempo presieduto dal liberale Mahmoud Jibril,

jibril- in foto
hanno cercato di affermarsi politicamente sul vasto territorio libico ma il confuso quadro istituzionale e le profonde discrasie interne, sia a livello miliziano che politico, hanno condotto il Paese in una irreversibile involuzione che a tutt’oggi sta attanagliando tutti gli alvei istituzionali e/o stratificazioni sociali.
Nello specifico, l’articolazione parlamentare scaturita dalle prime elezioni politiche del dopo Gheddafi, tenutesi nel luglio 2012, ha nel tempo perso legittimità nei confronti sia dei cosiddetti Thuwar sia di tutte le altre realtà tribali presenti nel Paese a causa di interessi politici ed economici di una o l’altra milizia che hanno continuato, comunque, a prevalere. Tale stallo politico ha moltiplicato le già numerose problematiche che attanagliavano la LIBIA e per tale motivazioni si sono rese necessarie ulteriori elezioni al fine di implementare un proficuo processo politico che culminerà con l’ulteriore tornata elettorale del 25 giugno 2014. Con tale ulteriore prova di democratizzazione si è però determinata un’ulteriore discrasia tra una preponderanza della popolazione maggiormente liberale, determinata a ridare vigore alle aspirazioni di democratizzazione, ed una minoranza islamista[1]. Quest’ultima, in particolare, è stata spinta dal movimento ideologico-sociale dei Fratelli Musulmani che nell’area (non solo libica ma egiziana e turca, in particolare) permeano le più basse stratificazioni sociali e che in LIBIA hanno determinato profonde fratture a tutti i livelli (in particolare su quelli politici e delle milizie). I risultati elettorali, nonostante le pressioni del citato movimento islamico, hanno visto il prevalere della componente “liberale”, che però ha condotto il Paese su una disarticolata contingenza politica che ha determinato una frattura all’interno del Paese che ha portato all’istituzione di due realtà politiche tutt’ora esistenti:
1- Un’Assemblea parlamentare eletta legittimamente con le citate elezioni del 25 Giugno 2014 che al momento risulta essere l’unico organo istituzionale libico riconosciuto dalla Comunità Internazionale. La stessa opera da TOBRUK (nella Regione della Cirenaica, sita nelle aree orientali del Paese). Tale istituzione politica è sostenuta dalle forze fedeli al rinomato Generale Khalifa Haftar e dalle milizie berbere di ZINTAN (regione geografica localizzata nel Sud Ovest di TRIPOLI). Tutte queste milizie sono state ammassate in una configurazione embrionale di Esercito denominato “Esercito di Liberazione Nazionale”.
2- Il decaduto Congresso Generale Nazionale di TRIPOLI ossia il Parlamento uscente che avrebbe esaurito il proprio incarico con le elezioni di Giugno 2014 ma che, ancora oggi, rappresenta le istanze della componente islamica è appoggiato dall’alleanza militare riconducibile alle milizie di MISURATA (importante città commerciale costiera, roccaforte dei Fratelli Musulmani).
Il rapporto esistente tra moltissime Katibe (termine arabo che significa “Unità” militare costituite da Thuwar su un articolazione di tipo militare) e le due componenti politiche summenzionate hanno portato il Paese a legare indissolubilmente gli scontri sul terreno agli sviluppi politici. In particolare al momento troviamo due operazioni e articolazioni pseudo militari :
- Operazione Alba Libia, condotta sulla Capitale dai Tuwar affiliati per la maggior parte alle milizie misuratine, nell’ottica di sradicare il fronte miliziano opposto da TRIPOLI, tentativo ad oggi raggiunto e ancora in essere.
- Operazione Dignità sviluppata inizialmente in Cirenaica (in particolar modo in Benghasi e Derna), avviata dal Generale HAFTAR quale operazione con peculiarità iniziali di contrastare lo sviluppo del terrorismo, in riferimento alla nascita/espansione/evoluzione del famigerato Islamic State o nella sua traslitterazione araba di DAESH. Tale operazione, nel tempo, ha allargato i suoi obiettivi fino a voler riconquistare Tripoli.

In Foto Bernardino Leon
La situazione creatasi e l’aumento delle attività di immigrazione clandestina, derivata principalmente dalla mancanza di una qualsiasi sorta di statualità, ha portato ad un intervento della Comunità Internazionale. In particolare, quest’ultima, mediante una missione denominata UNSMIL, presieduta dal Sig. Bernardino Leòn,
sta cercando di coinvolgere i Paesi viciniori al dialogo con i vari attori libici e parallelamente ha l’obiettivo primario di implementare un percorso volto alla creazione di un Governo di Unità Nazionale attraverso il quale avviare a 360° il processo di ricostruzione del Paese.
Per concludere possiamo affermare che la strada di riappacificazione libica è alquanto ardua a causa in primis del contesto regionale che ha visto prima la guerra in Mali e poi l’emergere e l’espandersi dell’Islamic State non solo nel contesto libico ma anche in quello iracheno e siriano nell’ottica della creazione del cosiddetto Califfato islamico. Per tali motivazioni si è portati a considerare che l’attuale stallo politico istituzionale libico, qualora non risolto in tempi brevissimi, favorirà sempre maggiormente l’espansione delle componenti estremiste nel Paese.
In estrema sintesi, se l’attività diplomatica, ed in particolare la missione europea contro le attività di immigrazione clandestina, non verrà a breve implementata e le due componenti che ad oggi governano il Paese non troveranno un accordo per la costituzione di un Governo di unità Nazionale, l’eventualità di cedere ampio controllo territoriale all’Islamic State è cosa certa.
[1]Da sottolineare che in Libia tutte le componenti presenti sono “islamiche” ma concettualmente l’approccio politico delle varie entità (intese quali politiche, tribali, miliziane) è stato, a livello ideologico, differente.