Combatto la morte con la vita

Ciao

Sono Eleonora e combatto la morte con la vita.

E lo faccio da sempre ma me ne rendo conto solo di recente.

A quattro anni mio padre è venuto a mancare: la vita mi ha travolto e m’ha portato fino ai sedici anni quando una domenica mattina mio nonno ci lancia, proprio lui, la mia colonna portante.

Presente in tutti i miei ricordi di infanzia più buffi e dolci.

La vita continua, corre, incalza, non si ferma: il 26 Giugno 2010 riceve un brutto sms, il mio amico dagli occhi blu e dal cuore nobile se n’è andato, anche lui senza preavviso.

Eppure le giornate passano, il sole ci saluta ogni giorno e gli aerei partono continuamente per nuove destinazioni: nessuno si ferma, nessuno lo fa.

Lo scorso Dicembre mi chiama Mia Madre: “La nonna non c’è più”.

Barcollo, prendo la mia testa tra le mani, sono per terra su un grigio marciapiede.

Penso, parto, organizzo, Africa, la macchina, il covid, le ore, più di mille chilometri, la solitudine: ma dove vado?

Ancora una volta la vita mi travolge, mi trapassa e mai mi guarda.

Sono io che mi guardo e penso: sto vivendo come voglio, sto vivendo come posso.

Combatto la morte con la vita.

 

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La festa del Papà è un inno alla vita

Ho perso mio Padre quando avevo quattro anni.

Ho davvero il diritto di parlarne?

Probabilmente sì.

Ed è chiaro che quando si scrive, lo facciamo per noi stessi ma io ho imparato a farlo anche per gli altri.

Così mi sveglio, leggo la data: 19 Marzo 2021, ci risiamo.

Anche quest’anno è arrivata la Festa del Papà.

Io, di quella mattina non ricordo nulla. Non ricordo granché nemmeno dei giorni successivi a dir la verità.

Ecco perché la mia famiglia è stata bravissima nella gestione del dolore: Mio padre volava via e i miei familiari mi difendevano.

Ecco cos’è l’Amore, quello vero.

Amare vuol dire PRESERVARE il dolore altrui.

Amare vuol dire “ti tendo un braccio perché la mano non ti basterà“.

A volte mi fermo a guardare un padre con la propria bambina.

Mi fermo a pensare: “Come sarebbe stata la mia vita se Romeo fosse vivo?”

Son domande ridicole, a volte superficiali, a volte necessarie.

Porre domande è sinonimo di intelligenza, mi disse una volta qualcuno.

Allora dovrei sentirmi super speciale visto che pongo domande per qualsiasi cosa che vedo, sento, percepisco, immagino.

E poi un giorno la morte ti viene a bussare e tu apri perché non puoi far altro.

Così lasci gelo, ricordi, rimorsi, odori, dietro di te, per chi resterà sulla terra.

Si risponde alla morte con la vita, questa è l’unica certezza che abbiamo.

Parliamo di vita?

Parliamo, allora, di persone.

Parliamo di azioni, di sentimenti, di gioie, di sguardi ricambiati, di abbracci cercati, trovati, presi.

Parliamo di mio zio, detto il Babbo, colui che mi portò per la prima volta a far i buchi per gli orecchini e dopo mi regalò un gelato enorme che ancora ricordo, a Maglie.

Parliamo di mio zio, detto il Babbo, che m’ha insegnato il valore della terra e ricordo ancora, da piccola, io nella terra rossa con lui e il mio secchiello del mare dove invece mettevo le patate.

Parliamo di mio zio, detto il Babbo, colui che m’ha insegnato l’arte dell’apnea, del mare, dei ricci, dei pesci, delle tecniche, dei segreti.

Parliamo di mio zio, detto il Babbo, colui che mi dice sempre “Porgi l’altra guancia e sii buona”.

Parliamo di mia madre, la Donatella, che m’ha insegnato la vita, che m’ha donato la vita, che mi dona amore, conforto, confronto, confidenze, chiasso all’interno della mia esistenza.

Parliamo di mia Zia Iaia che mi racconta i segreti della cucina, mi ricorda che dovrei esser più femminile e mi ripete, incessantemente che dovrei pettinar i capelli o tagliarli.

Parliamo di mia Nonna Anita, volata in cielo a Dicembre 2020. Lei non lo sa ma a modo suo, attraverso i suoi occhi color mare, m’ha insegnato l’importanza di VIVERE.

Parliamo di Luca, mio cugino, anche lui, non lo sa ma m’insegna, tutte le volte che mi chiama, l’importanza di prendere la vita con leggerezza e di ridere molto di più.

E parliamo di Giorgio, colui che m’insegna l’importanza della riflessione, ogni giorno, ad ogni momento della giornata.

Oggi, per tutti, è la festa del Papà.

Per me, invece, è un INNO ALL’AMORE.

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Cinque mesi

Cinque mesi.
Cinque mesi di Vercelli.
Cinque mesi di cambiamenti.
Cinque mesi di questi colori.
Cinque mesi di questa piazza.
Cinque mesi di travaglio emotivo e poi la quiete.
Cinque mesi di emozioni nuove, vere, rigeneranti.

E poi sto cambiando di nuovo casa.
Una nuova casa, nuove finestre, un nuovo clima, una nuova luce, una nuova strada, dei nuovi vicini.

Un anno di cambiamenti, un anno in continuo mutamento.

Ricordo ancora lo scorso anno, zona rossa, ero a Modena.
Leggevo sul balcone e scappavo a correre tutte le volte che potevo.

Ora non ho il balcone, non ho necessità di scappare a correre per nutrire il mio animo perché – il correre- è già una costante da un anno a questa parte. Ho ripreso la buon vecchia abitudine che ho praticato a Roma per ben quattro anni insieme ad Africa.

E poi sto cambiando, son cambiata e succederà di nuovo tra un minuto.
E poi mi piaccio di più, mi accetto diversamente, mi accetto con tutte le sfumature della mia mentalità.

E mi sorprendo esser una Donna, ancora una volta, determinata nella sua quotidianità, determinata nelle amicizie, determinata nei gesti che voglion dire CI SONO, ESISTO, SON IO.

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Non c’è un’età per …

Non c’è un’età.

Non c’è un’età per innamorarsi.

Non c’è un’età per sbagliare.

Non c’è un’età per dimenticare.

Non c’è un’età per andare.

Non c’è un’età per tornare.

Non c’è un’età per dire.

Non c’è un’età per decidere.

Non c’è un’età per parlare.

Non c’è un’età per camminare.

Non c’è un’età per correre.

Non c’è un’età per migliorare.

Non c’è un’età per affermare.

Non c’è un’età per viaggiare.

Non c’è un’età per pronunciare.

Non c’è un’età per avanzare.

Non c’è un’età per amare.

Non c’è un’età per odiare.

Non c’è un’età per detestare.

Non c’è un’età per comunicare.

Non c’è un’età per lodare.

Non c’è un’età per condividere.

Non c’è un’età per dimenticare.

Non c’è un’età per pensare.

Non c’è un’età per amare.

Non c’è un’età per pagare.

Non c’è un’età per fare.

Non c’è un’età per uccidere.

Non c’è un’età per imitare.

Non c’è un’età per investire.

Non c’è un’età per nominare.

Non c’è un’età per fingere.

Non c’è un’età per salutare.

Non c’è un’età per scusarsi.

Non c’è un’età per sopravvivere.

TULIPANI

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Il potere degli occhi

Non ci guardiamo più negli occhi.

Che peccato

Che disastro

Che spreco di belle occasioni.

Anche io, eh? Ho perso l’abitudine di farmi guardare negli occhi.

Esco sempre con gli occhiali da sole, li tolgo solo quando va via la luce che è la protagonista indiscussa del mio fastidio agli occhi durante il giorno.

Andiamo però in ordine.

Un giorno, non troppo lontano da oggi, una persona mi disse:

“Ehi son qua, eh?”

In che senso? Mi son chiesta ma aveva ragione: i miei occhi guardavano oltre, non già perché quello che avessi dinnanzi non mi interessasse ma per un semplice fatto personale: son così curiosa verso il mondo che non perdo occasione di guardarmi intorno.

E bada bene, mica puoi sempre farlo.

Quanto è bello guardarsi negli occhi e, magari, interpretare ciò che vediamo?

Così ci si rende conto che quando ci guardiamo intensamente possono succedere tantissime cose: vedi cose che non avevi notato, interpreti, assimili, ti innamori, si innamorano dei tuoi di occhi oppure esattamente il contrario.

E poi venne la mascherina a nascondere il sorriso.

Sì siamo d’accordo ma mica tanto.

Sorrido più ora, di prima.

Sorrido col cuore e sorrido con gli occhi, così quando sorrido a qualcuno, quel qualcuno se ne rende conto perché le mie rughe d’espressione prendono vita e anche i suoi occhi, a volte, ricambiano.

Ed è la danza più bella di quest’anno. Due occhi che si incontrano, si riconoscono per la prima volta e si intersecano.

No, non è un articolo d’amore.

È un inno, un inno alla vista, agli sguardi, alle intese che nascono anche senza parlare troppo.

La parola è un essere meraviglioso, prende e dà vita, pullula di vita ma vogliamo per un secondo pensare al potere indiscusso degli occhi?

Guardiamoci, amici miei. Il mondo ha bisogno di bellezze.

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Il Cambiamento

Ci penso da oggi. È arrivato il momento di parlarne.

CAMBIAMENTO.

Ecco la parola di cui vi voglio parlare. Termine che m’ha colpito fortemente quest’anno, o meglio, durante il 2020 per intenderci.

No, non parlo di Covid-19. Non ora.

Il 27 Gennaio 2020 inauguravo il mio primo ufficio a Modena.

Il 27 Gennaio 2021 vi scrivo da un piccolo appartamento in centro a Vercelli.

E non è nemmeno il posto definitivo poiché tra meno di due mesi cambierò nuovamente alloggio.

Quante casa ho cambiato quest’anno?

Modena, convivenza.

Settembre, b&b (due settimane), si può considerare una forma di casa?

E poi in giro per altri posti fino ad arrivare qui, seduta a questo tavolo della mia cucina color bianca.

Il cambiamento è quando guardi la vita con occhi nuovi.

Il cambiamento è quando ieri ti piaceva qualcosa e oggi ne hai già la nausea.

Il cambiamento è quando hai voglia di provare un nuovo sapore, un nuovo colore, un nuovo posto.

Il cambiamento è quando lo decidi tu.

Non sempre il cambiamento ti manda un avviso, a volte succede e basta.

E ti adatti, ti plasmi, se ti va, ti collimi, ti allinei: prendi una nuova forma e ti piace.

Perché il piacere è necessario per viver bene e questa è la base: chiaro?

Quando non ti piace qualcosa puoi sempre cambiare e questo è un piccolo miracolo della vita.

Le cose arrivano quando tu non te lo aspetti E NON PUOI FARCI NULLA.

Il 2020 m’ha colpita, a modo suo.

In ordine cronologico: ufficio, covid, ritorno a casa a lavorare, vacanze estive in coppia e non, consapevolezza della rottura, rottura e vado via dalla nostra ex-casa, un mese a far la vagabonda tra varie regioni con Africa e da ottobre Vercelli ma nemmeno in una casa definitiva con botta finale: va via la Nonna e io non ritorno a casa a Natale.

Natale per me è la mia FAMIGLIA e io ne ho STRETTAMENTE bisogno.

Una volta Silvia al telefono mi disse: “ Ele è incredibile quante cose ti siano successe e tu hai sempre reagito”.

Reagire DOVREBBE esser la base e REAGIRE MORDENDO LA VITA a volte diviene l’unica cosa che puoi fare e Io, ad oggi, non conosco alternative.

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Auguri Ele per la tua Consapevolezza

Celebrare i miei 28 anni con una parola: consapevolezza.

Che inizio coi fiocchi eh?

Andiamo in ordine.

Non posso fare un resoconto dell’anno; l’ho fatto sempre ma quest’anno non mi va. Ci basta sapere che il 2020, dunque l’anno dei 28 anni, è stato segnato dal Covid-19. Tutti noi lo ricorderemo.

Niente festeggiamenti, niente candele (questo perché me ne sono dimenticata), niente programmi, niente attesa, niente.

Ma no, mica il niente è sempre negativo: anzi!

Adesso che ci penso ogni anno per il mio compleanno sono stata in città diverse: ora Vercelli, lo scorso anno Parigi, poi Modena, poi Roma, poi Bologna e poi chi lo ricorda di più?

Quest’anno però lo voglio ricordare così, voglio ricordarlo come l’anno della consapevolezza.

Consapevolezza d’esser cresciuta.

Consapevolezza d’esser Donna.

Consapevolezza d’esser libera.

Consapevolezza d’esser pienamente padrona della mia vita.

Consapevolezza di decidere ogni giorno cosa ne sarà della mia giornata.

Consapevolezza d’esser capace di cavarmela sempre, nonostante le difficoltà, nonostante la grandezza dei problemi, nonostante il contorno.

Consapevolezza di non esser, poi, sola.

Consapevolezza e certezza della mia famiglia salentina.

Consapevolezza di aver una famiglia, gli amici, sparsi per varie città che nei momenti opportuni mi dicevano: “Cazzo sei Eleonora Marsella, se non ce la fai tu, non può farcela nessuno”.

Consapevolezza della mia nuova famiglia di Vercelli: Flavio e Giulia e i nuovi amici.

Consapevolezza d’esser una professionista.

Consapevolezza d’esser in grado di insegnare, educare, ascoltare, risolvere (a volte) i problemi altrui.

Consapevolezza d’esser capace di decidere appieno da sola, senza chiamare nessuno, senza discuterne con nessuno.

Consapevolezza che il mio amore per la vita me lo insegna Africa, giorno per giorno, da sette anni sempre in giro per l’Italia.

Consapevolezza di aver una Mamma DA PAURA e che in qualsiasi caso mi dirà sempre “Decidi tu. So che lo farai per il tuo meglio. Mi fido di te”.

E mica è una facile la Donatella, eh? No. Per niente. Eppure noi ci completiamo, ci sussurriamo, ci prendiamo in giro, ci burliamo e conosciamo i difetti dell’altra. Difetti che non son difetti ma pregi con una diversa definizione.

Consapevolezza che da una rottura, come la mia precedente relazione, può nascere qualcosa di buono, bello, positivo. (Certo, sempre dopo il trauma, eh?).

Consapevolezza che ho scritto un altro libro, anche quest’anno ma da un tema diverso: LA MIA VITA. Wow come sei saccente, può pensare qualcuno. Ma no, io l’ho scritto con un solo obiettivo: aiutare le persone a lasciar andare abiti che non sono i loro. E voi lo fate, ogni giorno da mesi. Mi scrivete, mi raccontate, mi domandate. E io sono il vostro specchio: ascolto, non giudico, analizzo, snocciolo.

Consapevolezza d’esser una bella donna o per lo meno così dicono.

Consapevolezza d’esser guardata tutte le volte che corro, esco con Africa, vado a comprare il tabacco o il giornale.

Consapevolezza d’esser desiderabile o desiderata.

Consapevolezza d’esser chiacchierata. Eh sì, che cosa strana, una donna così giovane, da sola, in una cittadina come Vercelli, dicono quando io passo a testa alta, coi capelli che vanno da una parte all’altra, col mio rossetto rosso e l’immancabile sorriso che mi contraddistingue.

Consapevolezza nel dire che tantissime persone mi vogliono bene e ne ho avuto la conferma negli ultimi mesi.

Consapevolezza nel dire che qualcuno mi invidia e io non ne capisco la ragione.

Consapevolezza nel riconoscere che non tutti hanno il coraggio ma io vi affitterei il mio per mostrarvi come si vive DA VERI LEONI anche solo per un giorno.

Consapevolezza d’esser adulta e di aver la capacità di mandare a fanculo tutte le volte che qualcuno, come dicono in Francia, piscia fuori dal suo vaso e viene inevitabilmente nel mio.

Consapevolezza d’esser una brava persona, che sa comportarsi, sa dialogare, sa adattarsi, sa gestire qualsiasi forma di problema.

Consapevolezza della non necessità di affannarsi per forza per il lavoro.

Consapevolezza di potermi sentire stanca e di affermare “Oggi non sono ispirata, oggi non lavoro”.

Consapevolezza di non sentirmi in colpa.

Consapevolezza di non esser sempre responsabile delle reazioni altrui.

Consapevolezza di poter attrarre qualsiasi uomo, di qualsiasi età, di qualsiasi cervello. Eh sì, a volte questo, aiuta la tua autostima.

Consapevolezza di esser una persona che “Fa girare il cervello”. O per lo meno questo è ciò che m’ha detto Massi, un mio amico, una sera qui a Vercelli.

Consapevolezza di non aver capito subito la frase ma di averlo visto negli occhi degli altri.

Consapevolezza di non esser ancora capace di accettare i complimenti altrui.

Consapevolezza di arrossire tutte le volte che qualcuno afferma qualcosa su di me di positivo.

Consapevolezza d’esser adulta e pensare: “Tu mi piaci. Io ti piaccio. Andiamo in all in”.

Consapevolezza di dire “Sono una donna che gioca a poker e non me ne vergogno perché uso il cervello”.

Consapevolezza di esser donna, di avere il ciclo mestruale e di concedermi pause che ritengo necessarie.

Consapevolezza d’esser ciò che sono grazie al passato, al presente, con uno sguardo fisso dritto dinnanzi a me: IL FUTURO.

Il futuro mi aspetta, il futuro mi lusinga, il futuro mi accoglie e mi accompagna verso un nuovo anno.

Il futuro siete voi che con gli anni siete più di venticinque mila persone che mi seguite, mi leggete, mi accettate, mi criticate.

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Donne e Poker

“Ti hanno mai insultato?”

“A me?”

“Sì, sì, dico a te.”

“No. Perché dovrebbero?”

“Perché sei donna.”

“E quindi?”

“Quindi non è da tutti i giorni incontrare una donna seduta sola a un tavolo.” Mi guarda e ride. Lui è Eugenio, un mio nuovo amico. Conosciuto per caso a Vercelli, ed è stato un caso azzeccato. Io attiva, lui in questo periodo no. Io positiva, lui in questo periodo lunatico. L’ho guardato e dopo una piccola conversazione l’ho capito: sarà il mio amico, quello delle confidenze, quello che non ci prova, quello che c’è sempre, quello che abita vicino a casa tua e può prendersi la libertà di bussarti alla porta senza un preavviso. Così nascono le confidenze, i segreti, i problemi suoi da snocciolare, i comportamenti (miei e di altri) da interpretare.

Abbiamo passioni in comune: la fotografia, il cinema, i video, la cultura.

Un giorno stavamo camminando e parlavamo di fari, quelli per l’illuminazione di video. Così, di punto in bianco, mi dice che tra qualche giorno è il suo compleanno.

“Quando?”

“Il sei dicembre” mi dice lui.

“Cazzo dici?” ribatto.

“Sì, perché?” E mentre me lo dice penso che è la prima volta che conosco una persona nata il mio stesso giorno.

“Mostrami un tuo documento.” Lo obbligo.

Così me lo consegna. Guardo la data, sorrido e glielo dico.

“Io sono nata il sei dicembre!”

“Mostrami un documento.” Questa volta ride lui.

Ridiamo entrambi rumorosamente per strada, sotto le mascherine… La mia in particolar modo, che mi fa appannare gli occhiali da vista. Fantastichiamo, così, su un compleanno che non potremo mai festeggiare, non quest’anno per lo meno. Gli chiedo se vuole i palloncini, e suggerisco di comprare uno champagne anche da venti euro, solo per omaggiarci in quel giorno speciale. Per entrambi. Quando mi svela il giorno in cui è nato, capisco tutto: è come me. Creativo, lunatico, a volte brontolone, si fissa con le cose, si appassiona alle persone. Eugenio è come me, ma un po’ diverso.

“Io la insulterei una donna seduta a un tavolo.” Mi guarda e ride. Ride perché sa che probabilmente mi farà innervosire.

Così ci penso da giorni.

Il poker non è un gioco da donne. È così, dunque? E perché devono esserci giochi da donna e giochi da uomo? Pensavo che con la nascita del calcio femminile fossimo passati altrove.

Eugenio mi prende in giro, ma dice per davvero.

Una donna seduta a un tavolo da poker: WOW, che cosa assurda.

Però è vero. Spesso le persone dicono: “Giochi a poker? WTF!”

Boh, io non ci vedo nulla di che, nulla di strano. È un gioco, come un altro. Lo faccio a scopo ludico, quando ho tempo, quando mi va, quando non ho voglia di leggere o scrivere o pensare. Anzi no, pensare lo faccio sempre.

Quando vivevo a Roma, spesso giocavo a poker a casa di amici.

Un sabato, lo ricordo come se fosse ieri.

Eravamo in dieci giocatori, quei poker che durano due-tre ore circa di notte fonda.

Non ricordo la mia mano, nemmeno la loro a dir la verità, ma vinsi. Vinsi contro tutti e dieci, vinsi 100 euro. I 100 euro più straordinari della mia vita. Ricordo che due di loro andarono in ALL IN, chiamai anch’io e li misi KO entrambi con un full di donna.

Uno di loro guardò gli amici: “Facciamo che questa sera non è mai esistita.”

Chiaramente fu una frase sessista ma non importava, io avevo vinto e loro no. Una donna li aveva battuti: che cosa fuori dal comune, eh?

Invece no. Il punto è questo: devono abituarsi al nostro successo, alle nostre forze, al nostro cervello. Devono capire che qui le donne giocano duro a prescindere da ciò che fanno. La donna ha in sé un cervello diverso, con una propensione del tutto diversa alla vita.

Se mi incontrate a un tavolo da poker non meravigliatevi, anzi, preoccupatevi. Probabilmente vincerò io perché sono piuttosto forte, o per lo meno così dicono i miei amici o il mio conto di poker stars da anni.

Come ho appreso questo gioco? Avevo diciotto anni, m’ero fidanzata al paese col mio ragazzo storico e lui già giocava per diverse ore. Andavo a trovarlo a casa e giocava al computer, così un giorno mi siedo e me lo faccio spiegare anche per i giorni successivi. Dopo un po’ decido di iscrivermi e comincio a giocare da sola ufficialmente intorno ai ventuno anni, appena arrivata a Roma.

Adoro il poker, per diverse ragioni: non è importante se tu sia donna o uomo.

Il poker è costituito da 50% talento e 50% fortuna. Se la mano gira, potremmo dire che ho la vittoria in tasca, perché il talento è innato in me. Non l’ho chiesto, ma forse l’ho esercitato e continuo a farlo ogni giorno abbracciando nuove sfide in qualsiasi campo perché non mi tiro mai indietro. Adoro dire di Sì e scoprire che quel qualcosa di nuovo mi piace, mi esce bene ma potrebbe uscir meglio.

Se ti dovesse capitare di giocare a poker con una donna, non insultarla. Non pensare che lei sia un giocatore inferiore, anzi, il suo sesso non c’entra.

Vincerà, probabilmente, con le sue mani laccate dallo smalto rosso.

E tu non potrai far nulla, nemmeno insultarla.

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Ogni Donna è un fiore: TU LO SEI.

Esser donna: gaudio e dolore.

Due facce della stessa medaglia? Sì, senza ombra di dubbio.

Amo esser Donna, la vera ragione?

Non esiste. Esiste però una lista lunga.

Amo esser Donna perché…

Ci son giorni in cui mi sveglio e mi sento semplicemente bella.

Amo esser Donna perché…

Ci son giorni in cui mi sveglio e mi vedo allo specchio: mi riconosco subito. Vivo per quel riconoscimento di me stessa, una me stessa che cambia continuamente, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, secondo dopo secondo. Così ci sono giorni in cui quel riconoscimento mi appare palese e mi piace, mi piace vedere chi sto diventando, come sto cambiando, come cambia la mia visione della vita: gli occhi son sempre gli stessi, ma lo sguardo volge altrove. Ed è per quell’altrove che vivo.

Amo esser Donna perché…

Ci son giorni in cui mi sveglio bene, mi vesto, esco con Africa e gli sguardi si posano su di me: perché quando stai bene, quando sei felice, la gente lo riconosce e tu sei più bella. Perché?

Quando siamo felici siamo belli, punto. E non dirmi che non l’hai mai pensato. E se proprio non lo sapevi ora lo sai, quindi, fermati ancora un po’ a leggermi.

Amo esser Donna perché…

Ci son giorni in cui i capelli sono più scompigliati del solito, la pelle mi appare riposata e capisco che dentro di me regna la serenità. Ma mica è sempre stato così, eh! Anzi, la mia ultima opera Overdose di emozioni. Diario di chi lascia ne è una palese prova.

Cosa prova? Prova il fatto che infilarsi dentro un turbinio di emozioni (anche negative) può divenire indispensabile per la tua crescita personale. Così quando ti volti indietro e comprendi il cammino che è stato fatto, puoi intraprendere un nuovo percorso: sei vaccinata abbastanza per farlo.

Amo esser Donna perché…

Ci son giorni in cui ho bisogno di comprare dei fiori e lo faccio. Ho scoperto un fioraio nel centro di Vercelli, ci vado sempre con Africa, osservo i fiori e poi senza pensarci indico ciò che voglio. Inspiegabilmente acquisto delle candele profumate (passione che ho scoperto da un mese) e così torno a casa con Africa, i fiori, le candele e magari anche il giornale.

C’è stato un periodo della mia vita, quando avevo sedici anni, in cui amavo alla follia i girasoli. Ricordo che il mio primo fidanzato, per farmi felice o per farsi perdonare qualcosa, mi regalava sempre girasoli.

Dopo qualche anno, poi, mi appassiono ai tulipani; amavo quelli blu, e anche in quella fase il mio fidanzato storico, cinque anni di relazione, ordinava spesso alla fioraia del paese dei tulipani blu e me li donava.

Poi, a un certo punto cambio: apprendo che amo tutti i fiori e comincio a comprare piante (a Roma, quando abitavo con l’adorabile Francesca e Africa). In quel periodo, la relazione con il fidanzato storico era finita da un anno e mezzo e avevo iniziato a frequentare un altro ragazzo, di qualche anno più giovane, estremamente generoso e buono ma immaturo per me, così dopo pochi mesi la relazione termina (sempre per mia scelta). Di lui ho un ricordo meraviglioso: tutte le volte che veniva a casa da me e Fra portava piante, fiori, spezie, funghi porcini o fragole… Sapeva bene di cos’ero ghiotta.

Dopo qualche anno vado a Modena, convivo con una persona e comincio ad arredare il balcone: una piccola serra, un tavolino, attrezzi e piante. Di nuovo, ci risiamo. E poi arriva il tornado: tronco la relazione, vado in giro per l’Italia per tre settimane con Africa e alla fine approdo a Vercelli, dal mio socio di Mosaico Edizioni.

Vivo in centro, in un appartamento di due piani tutto mio – mio e di Africa – con dei lavori in corso che non cambieranno di una virgola il mio umore.

Due settimane fa ho cominciato a comprare piante grasse e candele, e così l’ho capito: ecco, mi sento a casa. Questo è il mio posto per questa fase della mia vita così nuova, così rigenerante.

Succede che quando comincio a comprare fiori e piante, il mio animo è sereno. Poi ovviamente ho cominciato a comprare anche attrezzi per la cucina, ma questa è un’altra passione che tanti dei miei amici conoscono.

Poi però ci giorni in cui mi sveglio e non va bene nulla.

Mi vedo brutta, sono gonfia, ho i brufoli, detesto quei miei ricci, i ricci che mi ricordano mio padre. Non sopporto di uscire con Africa e incontrare qualche cagnolina con la quale lei litigherà. Non sopporto nemmeno parlare con le persone.

Sono i giorni del ciclo mestruale: parliamone.

È sempre stato un problema, sono sempre stata troppo male. La mia Mamma (una grande donna, sì, con la M maiuscola) m’ha portato da chissà quanti medici e mi sono continuamente sentita dire: “I dolori ti passeranno con la prima gravidanza”.

ODIO QUESTA FRASE.

E se non volessi figli? E se non ne potessi avere? E se non volessi soffrire sempre in questo modo?

Ogni mese si ripete la stessa conversazione:

“Mamma, quando mi viene il ciclo?”

“Aspetta che guardo sul calendario” mi dice Lei.

Sì, non so quando mi viene il ciclo, ci pensa la mia Mamma. Abitiamo lontane da sette anni, ma questa tradizione rimane: lei sa, io non voglio saperlo.

Il mio ex una volta mi disse: “Ma perché non te lo segni tu?”

Perché no. Perché mi piace pensare che ci pensi la mia Mamma, mi piace pensare che c’è Lei e la vorrei nella mia vita per tutta la vita; vorrei donarle i miei anni per stare insieme a lei per sempre. Ma non si può fare, no. Magari esistesse una formula magica, e quanto vorrei conoscerla…

Ora basta, altrimenti piango. Ah sì, non ve l’ho detto: quando si ha il ciclo, si sente la necessità di piangere spesso. Mi succede solo un paio di giorni al mese (i primi) poi passa.

Così col tempo comprendo il mio corpo, imparo a conoscerlo, a rispettarlo, a custodirlo.

Così dico spesso: “Quando ho il ciclo, non lavoro. Il resto può aspettare”.

E dovrebbe esser così per tutte. Tutte abbiamo il diritto di fermarci se stiamo male, se non siamo in forma, se non ci sentiamo bene.

Un giorno, poi, scopro dei cerotti. Li compro, mi arrivano, li testo.

Cerotti apparentemente normali, ma no. A contatto col corpo si riscaldano e così i muscoli si distendono. Io li ho provati sia nella parte inferiore del collo (maledetto computer!) sia sul ventre. La confezione dice che dureranno otto ore, ma non è vero, durano molto di più.

Il calore del cerotto dura di più ma non lo sa.

Il dolore nel tuo corpo dura di meno e ora, forse, lo sai.

Non sono cerotti miracolosi, non sono cerotti consigliati da un medico.

Sono cerotti che possono lenire le sofferenze, sono cerotti che possono aiutarti, ma ricorda bene: il vero aiuto viene da dentro te stessa. Te stessa e nient’altro.

Chiaro?

Esser donna è meraviglioso. A volte, però, questo aspetto appare offuscato.

Ciao ciclo,

ci vediamo il prossimo mese.

Dove trovare questi cerotti? Clicca

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Ti lascio. Vado via.

Ti lascio. Vado via.

Ti lascio. Non sei fatto per me.

Ti lascio. Il resto non m’interessa.

Ti lascio. Ho bisogno di aria.

Ti lascio. Non sono la persona giusta.

Ti lascio. C’è vita fuori da quella porta.

Ti lascio. La faccenda è complessa.

Ti lascio. Amo un’altra persona.

Ti lascio. Sto meglio sola.

Ti lascio. La meccanica non m’interessa. Cit.

Ti lascio. Non ti lavi abbastanza.

Ti lascio. Sei disordinata.

Ti lascio. Lavori troppo.

Ti lascio. Sei troppo pigra.

Ti lascio. Ti ho tradita.

Ti lascio. Vado altrove.

Ti lascio. Non ti amo più.

Ti lascio. Mi ami troppo.

Ti lascio. Possiamo rimanere amici.

Ti lascio. Siamo troppo amici.

Ti lascio. Ho bisogno di cambiare.

Ti lascio. Mi annoi.

Ti lascio. Sei troppo estroversa.

Ti lascio. Sei introverso.

Ti lascio. Non sei abbastanza.

Ti lascio. Il resto non m’interessa.

Ti lascio. Ho bisogno di aria.

Ti lascio. Non sono la persona giusta.

Ti lascio. C’è vita fuori da quella porta.

Ti lascio. La faccenda è complessa.

Ti lascio. Amo un’altra persona.

Ti lascio. Sto meglio sola.

Ti lascio. La meccanica non m’interessa. Cit.

Ti lascio. Non ti lavi abbastanza.

Ti lascio. Sei disordinata.

Ti lascio. Lavori troppo.

Ti lascio. Sei troppo pigra.

Ti lascio. Ti ho tradita.

Ti lascio. Vado altrove.

Ti lascio. Non ti amo più.

Ti lascio. Mi ami troppo.

Ti lascio. Possiamo rimanere amici.

Ti lascio. Siamo troppo amici.

Ti lascio. Ho bisogno di cambiare.

Ti lascio. Mi annoi.

Ti lascio. Sei troppo estroversa.

Ti lascio. Sei introverso.

Ti lascio. Non sei abbastanza.

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L’amore è per sempre

L’amore è per sempre. Lo sapevi?

No, non sempre è così però, quello per un genitore o per entrambi, può durare per tutta la vita e anche oltre.

Così questa estate ho deciso di produrre il calco di due mani: la mia e quella della mia Mamma, così tra anni e anni, la guarderò e mi ricorderò di quel pomeriggio d’agosto in cui siamo state ferme per 6 minuti, strette, vicine, come non mai.

L’idea m’è venuta una notte e la mattina mi son detta. Why not?

Così ho acquistato un piccolo kit: gesso (unito con dell’acqua), si mescola e si inseriscono le mani, si rimane ferme da 4 a 6 minuti e infine si tolgono le mani, così si lascia riposare per un giorno, si stacca dal secchiello e…. le mani son uscite fuori.

Poi si può levigare, pulire, pitturare, decorare. (Per questo m’ha aiutato il mio Babbo che ha contribuito all’operazione)

Io non sono molto precisa, ahimè e l’ho voluto lasciare al naturale.

La mia mano unita a quella più grande della mia Mamma.

M’è piaciuto tanto come esperienza e… io la consiglio.

Si può fare con chiunque ovviamente.

Il mio amore è la mia Mamma, il mio cuore batte per lei da 27 anni e nell’ultimo periodo della mia vita, periodo di cambiamenti, ho riconfermato ancora una volta che è il faro della mia vita.

Non costa molto e vi assicuro che l’emozione è ASSAI………

PROVARE PER CREDERE?

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Ricominciare

5 Maggio 2020.

Rientro nel mio ufficio, il profumo dei libri vi avvolge.

Il divano rosa pastello mi attende, mi siedo, abbraccio il cuscino: SI RICOMINCIA!

Si ricomincia a vestirsi bene la mattina, si ricomincia a pensare, si ricomincia ad elaborare, si ricomincia a vivere.

Il covid-19 ha voluto metterci alla prova ma noi umani siamo più forti: mente e cuore ci aiuteranno.

Così ricomincio a far consulenze agli autori, agli editori, ai privati.

Ricomincio ad elaborare strategie per il lancio di alcuni libri, perché la cultura non può fermarsi.

E così programmo le novità:

16 Maggio corso per “Imparare a promuovere il proprio libro tramite 30 metodi”.

Si ricomincia a registrare le video-recensioni per Youtube.

Si ricomincia ad intervistare gli autori a distanza.

Si ricomincia con le dirette live di Facebook.

Si ricomincia a parlare di libri anche se io, in fondo, non ho mai smesso.

Ho comprato questo cuscino durante la quarantena così da casa l’ho portato in ufficio perché INSIEME ricomincereremo.

Ah il cuscino? Eccolo qua dove comprarlo!

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