“Questione di fato” di Martina Legittimo

“Lei mi aveva fatto cadere il telefono nel canale ed era piombata nella mia vita proprio quando avevo bisogno di lei. Era come un angelo mandatomi da mio padre. Non credevo molto nella vita dopo la morte, ma sapevo che lui vegliava su di me da sempre.”

 

Martina Legittimo ci narra una storia intrigante con il suo romanzo d’esordio, Questione di fato, Booksprint edizioni: ci narra di Luca, autore di romanzi gialli e fantascienza, il quale affronta un periodo difficile quando la sua casa editrice lo costringe a cambiare genere. Luca non è entusiasta all’idea di scrivere un romanzo rosa – complice il fatto di non aver mai conosciuto il vero amore – ma non è neanche disposto a rinunciare alla sua carriera. Anche nella sfera privata non mancano i problemi, alla notizia che sua madre, rimasta vedova da molti anni, vuole risposarsi con la sua nuova fiamma.

In questi giorni difficili avviene l’incontro con Elisa, una giovane allegra e vivace che accetta di aiutarlo con la stesura del nuovo romanzo. Dapprima percepita come un fulmine a ciel sereno, con il tempo Luca arriverà a vederla come il raggio di sole che aspettava, per liberare il suo cuore dall’oscurità che lo opprime.

Luca percorrerà quindi una strada tutta nuova, imprevedibile, ma che lo farà sorridere sempre di più ad ogni passo percorso insieme a lei.

 

È una storia coinvolgente, ricca di personaggi ben delineati e dalla scrittura scorrevole, che si fa leggere tutto d’un fiato. Ben piazzato il colpo di scena finale, che di certo lascerà di sasso molti lettori. Interessante poi la presenza del “romanzo dentro il romanzo”, in quanto Questione di fato è anche il titolo del romanzo rosa di Luca. Una miscela potente che insegna una lezione preziosa sull’amore, ovvero che non siamo noi a cercarlo… ma è l’amore a trovare noi, indipendentemente da ciò che facciamo.

 

Come nasce quest’opera letteraria?

Questione di fato nasce dall’idea di voler raccontare la storia di una persona che mi somigliasse almeno in parte. Dunque narrare le vicende di Luca, alle prese con la stesura di un romanzo che per lui rappresenta una nuova esperienza, per me è stato molto semplice e naturale.

Ad esser sincera, però, devo dire che non è stato per niente facile. Quando mi è venuta l’idea di scrivere un libro, le mie aspettative erano molto scarse. Ma è diventata una sfida con me stessa: ogni giorno, mentre scrivevo, mi dicevo che avrei potuto fare di meglio; perciò rileggevo tutto daccapo e apportavo le modifiche che più ritenevo opportune, sperando di poter migliorare l’opera.

E a poco a poco il mio primo romanzo prendeva forma!

Ogni volta che rileggevo il titolo, non riuscivo a capacitarmi di quello che stavo facendo, di quello che stavo realizzando: il mio sogno!

A manoscritto concluso, mi ci è voluto un po’ per rendermi conto che la storia a cui avevo dato vita, a cui avevo lavorato costantemente e a cui mi ero appassionata – perché in ogni personaggio c’è una parte di me – era veramente giunta al suo finale.

 

Quale messaggio vuoi trasmettere a tutti coloro che si ritroveranno tra le mani questo libro?

Credo che quest’opera possa avere varie interpretazioni a seconda del lettore e della sua esperienza di vita.

Personalmente, scrivendo quest’opera, ho cercato di rappresentare al meglio la realtà.

Io sono un’appassionata di romanzi rosa e, per quanto questi mi piacciano molto, devo dire che le storie per me non sono mai abbastanza verosimili.

Perciò il messaggio che ho voluto far passare è che l’amore, sebbene sia un sentimento forte, travolgente, che infonde felicità e serenità, nasconde spesso dei lati oscuri, legati a circostanze non sempre dipendenti da noi.

Comunque credo che questo valga per qualsiasi tipo di sentimento e che magari, a volte, siamo noi stessi a rendere tutto più complicato. O magari no…

Leggi il mio libro perché…

Perché leggere vuol dire vivere. E vivere una storia d’amore è bello per tutti!

Poter conoscere le vicende di personaggi che all’inizio sono solo sconosciuti, poi cominciare a capirli, cominciare a pensare come e con loro, chiedersi come finirà la storia e arrivare alla fine e rimanere, chissà, delusi o entusiasti.

Leggere il mio libro ti farà fare tutte queste cose, senza che te ne renda neppure conto.

Leggi il mio libro perché Luca e Elisa non sono perfetti. Sono come noi: hanno le loro paure, le loro sofferenze, ma anche i loro amori e le loro passioni.

Leggi il mio libro perché i due protagonisti vivranno una storia d’amore perfetta e scombinata, che aspetta solo di essere vissuta a sua volta da un lettore appassionato.

Progetti futuri?

Non penso spesso al futuro, perché amo vivere il presente.

Tuttavia devo dire che mi piacerebbe raccontare un’altra storia e creare un nuovo romanzo.

Non nego che vorrei avere un futuro da scrittrice, ma per il momento non ci penso spesso, perché non mi sento abbastanza matura.

Ma, nonostante il mio lato razionale cerchi di convincermi di questo, la scrittura resta il mio sogno!

Ho già in mente alcune idee per un nuovo manoscritto, ma questa volta voglio fare tutto con molta calma, darmi e prendermi tutto il tempo necessario.

Vorrei superarmi ancora e non vedo l’ora di ricominciare a scrivere!

 

 

Il libro merita 4 stelle su 5.

 

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“Ida e Alessio” di Daniela di Benedetto

Daniela di Benedetto, classe 1957, già nota nel mondo editoriale ritorna con una nuova storia che, come sempre, non delude mai.

“Ida e Alessio”, un romanzo edito da Tabula Fati, con l’Editore Marco Solfanelli.

 

Una storia d’amore ma anche di storia italiana. Una storia dove una faida tra famiglie porterà morte, dolore e a tratti amore tra le pagine scritte da Daniela di Benedetto.

Uno squarcio temporale che va dal 1925 al 1950, toccando tempi storici come il fascismo, i partigiani, le bombe, le guerre in Africa, le fughe, le sopravvivenze ma anche le morti, tante, numerose.

 

La storia si snoda intorno a una faida tra due famiglie calabresi: Ferraro e Falengo. Famiglie che per tanti anni, forse secoli, si son sfidate a suon di spada, veleni, morti accidentati ma non solo.

 

Ilustrazioni per Daniela D.

Poi arriva Ida, genuina, avventuriera, forte, determinata che, purtroppo per lei, anzi per loro, si innamorerà di Alessio che, ancora una volta, è figlio della famiglia avversaria.

Lei, poi, si sposerà per saldare i debiti di famiglia, con un signore molto più grande di lei. Darà alla luce una creatura, Sandro che, però, non nascerà con il cuore pieno d’amore bensì d’odio. Odio che crescerà grazie ai racconti della nonna materna che morirà uccidendo il rivale della famiglia, politicamente opposto.

 

 

 

Laura, Sandro, Ida, Alessio, Marisa, Carmela, Luigi, Francesco e tanti altri ancora potranno cullarvi nelle notti d’estate, accompagnandovi ad una piacevole lettura che, secondo me, merita 5 stelle su 5. 

 

Come nasce quest’opera?

La genesi è una storia lunga. Da ragazzina io vedevo film americani e scrivevo romanzi ambientati in America, finchè mio padre mi disse: se vuoi fare la scrittrice in Italia, devi ambientare le storie in Italia e ispirarti a qualcosa di VERO. Io presi alla lettera il suggerimento e mi accinsi a scrivere il primo romanzo italiano documentandomi sull’ambientazione: volevo che si svolgesse negli anni del fascismo fino alla seconda guerra mondiale. Infatti ero in grado di attingere a testimonianze autentiche: era l’anno 1980 e ancora avevo a mia disposizione, vivi e lucidi, i miei genitori e i miei zii che ricordavano bene gli anni dal 1925 al 1950. Naturalmente   quel libro scritto a 23 anni ebbe poi diverse stesure per migliorare lo stile.

 

Quale messaggio comunica il libro?

Ilustrazioni per Daniela D.

Il messaggio è chiaro: esiste una tragicità della vita che supera la tragicità della morte. La gente si è commossa per secoli al pensiero di Romeo e Giulietta, innamorati divisi dal destino e spinti alla morte da un equivoco, ma una storia d’amore può essere ancora più triste se gli amanti restano vivi e separati per tutta la vita. E’ il caso dei miei protagonisti, Ida e Alessio, che appartengono a due famiglie calabresi divise da una faida. Poiché la loro storia d’amore segreta si svolge negli anni che ho detto, le alterne vicende politiche offrono alle famiglie rivali alcune occasioni di liberarsi di nemici personali, iniziando dal momento in cui il padre di Alessio, gerarca fascista, fa arrestare il padre di Ida accusandolo di attività antifasciste, ma durante la Resistenza la sorella di Alessio passerà un guaio proprio perché è figlia di quel gerarca. Il sangue sparso non farà che rendere più profondo l’abisso che divide i due innamorati, ma loro sopravvivono, separati e infelici. Fra tutti i miei libri questa è l’unica grande storia d’amore.

 

Leggi il mio libro perché…

Come al solito, pare di vedere un film, per le immagini molto vive e per i dialoghi realistici. Io ne ho tratto una sceneggiatura cinematografica che è quasi un kolossal, l’ho inviata a Rai fiction e si sono anche degnati di rispondermi. Mi hanno detto però che non erano più propensi a mostrare in prima serata scene di violenza. Dico, le lotte tra fascisti e partigiani in Tv sono state viste sempre e nessuno le ha mai considerate vietate ai minori. Il fatto è che Rai Uno si è realmente orientata verso le fiction ROSA, e la mia non è rosa affatto. E’ adatta a lettori capaci di provare grandi passioni. Il romanzo evidenzia anche il profondo legame dei personaggi con la natura, in particolare con i boschi calabresi in cui Ida e Alessio giocano durante la loro adolescenza e che durante la guerra diventano un simbolo di innocenza perduta.

 

Progetti futuri?

Progetti bellissimi: ho tre libri in corso di stampa e alla fine di settembre ci sarà la proiezione del primo film realizzato da me, soggetto sceneggiatura e colonna sonora. Il cinema è sempre stato la prima delle mie passioni, e nel mio modo di scrivere, si nota!

 

 

 

Ida e Alessio di Daniela di Benedetto, Tabula fati, prezzo di copertina 10 euro, 120 pagine.

 

 

 

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“Labirinti di cristallo” di Chiara Ortuso

“Imparare a vivere anche quando non si è in grado di bastare, anche quando si sussurra basta al non bastarsi.”

 

Chiara Ortuso ritorna con una nuova opera, Labirinti di cristallo, edito da Laruffa. Il libro narra le vicende di Angelica, una ragazza inquieta che vive in un castello arroccato in un labirinto di cristallo, visione personale del mondo umano colmo di banalità. Angelica vive “un’esistenza opaca e schiva”, e pertanto tenta di fuggire dal labirinto nel corso di un anno di vita, affrontando questioni di natura filosofica. L’opera non è altro che una metafora esistenziale che indica la necessità di rompere i propri argini: superare inquietudini e incertezze personali per aprirsi, attraverso un percorso di autoconoscenza, a quelli che sono i sentieri del mondo.

Labirinti di cristallo si rivela dunque una ricerca del senso, un percorso verso la conoscenza di se stessi e degli altri, che conduce alla felicità: “il segreto di un istante”, come definita dall’autrice. Grazie al suo particolare stile di scrittura, introspettivo e ricco di metafore, e ai numerosi riferimenti ad opere del passato, l’autrice trasporterà lo spirito di ogni lettore verso un’infinità di emozioni.

 

Consigliato a tutti coloro che ricercano, a modo loro, un’uscita dal proprio labirinto.

 

Come nasce la tua opera letteraria “Labirinti di cristallo”?

Labirinti di cristallo nasce da un percorso di autoconoscenza interiore, da un’indagine volta a scandagliare l’animo di una donna, di una giovane donna, Angelica, spirito inquieto e fragile, pensiero tormentato e vacillante. Una vicenda la sua che, iniziando dai meandri di un arroccato castello sporgente su un periglioso labirinto, conduce, mediante un cammino di rinascita, di palingenesi, verso la mondanità, in direzione di quella realtà esterna così temuta ma in fondo tanto sperata. Lo stesso titolo esemplifica perfettamente il contenuto stesso del testo mediante il riferimento a due elementi: il labirinto e il cristallo. Il primo assume, in tale contesto, il significato dell’incapacità da parte dell’uomo di rompere il muro dei propri idola, dei legacci che tengono avvinto ciascuno alla caverna del pensiero, impedendogli l’ingresso nel reale del mondo. E tuttavia la difficoltà di trovare una via d’uscita rappresenta un’occasione di riscoperta, la necessità di perdersi per poi ritrovarsi. Dal canto suo, il cristallo evoca l’immobilità di un’esistenza che si configura come incantata in una ripetizione sempre identica di gesti incapaci di comunicare la vera accezione del vivere. E, tuttavia, la stessa fragilità del cristallo rende tale elemento in grado improvvisamente di infrangersi svelando, una volta per tutte, la verità dell’uomo, il senso del suo esserci nei picchi di dolore e gioia, nell’estrema e frammentata insignificante significanza.

 

Leggi il mio libro perché…

Perché è la storia di una donna “del sottosuolo”, di una donna che, opponendosi mediante una serie di rivolte personali, agli ideali di assoluta chiarezza razionale e semplicità scopre nel dolore della complessità del vivere la causa prima del suo agire. E lo stesso sottosuolo, dostoevskjianamente parlando, diventa la metafora di un vivere che protraendosi interiormente e apparendo nella sua disarmonia con la facciata delle leggi esterne, costruisce una prigione in cui crogiolarsi nell’irrequietezza, in quella volontà che rappresenta la rivoluzione più grande perché è espressione dell’irriducibile singolarità di ogni uomo. E tuttavia la piaga del “senza senso” si rimargina a contatto con il calore di quella natura che diventa la panacea, la cura, la scintilla concessa da Dio all’essere di ogni uomo. Angelica si accorge così di esistere e impara a comprendere il suo desiderio di vita. Aspirazione che comincia soltanto nel momento in cui “si è capaci di guardare in faccia il mondo ricevendolo negli occhi”. Perché non si è mai abbastanza lontani da se stessi per non rincontrarsi, mai abbastanza spenti per non riaversi, mai tanto mancanti per non riempirsi in uno slancio di passione, in un guizzo di furore, in un miracolo di luce.

Progetti futuri?

Continuare a conciliare la mia attività di docente di storia e filosofia presso le scuole secondarie di secondo grado e il mio sogno di scrittrice; un sogno che, con la pubblicazione di tre saggi di carattere filosofico-letterario, sta sempre più prendendo forma e sostanza concretizzandosi in attività intellettuali di grande rilevanza culturale (presentazione di libri, caffè filosofici e letterari).

 

La bravissima Chiara Ortuso merita 5 stelle su 5

 

 

 

 

 

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On your knees – Riferimenti biblici, religioni e fede nelle canzoni degli U2 di Barbara Marinello

Più siamo in basso, più possiamo sperare di salire; più siamo disposti a prostrarci, più possiamo sperare di arrivare al Cielo.

 

Con questo estratto introduco il libro d’esordio di Barbara Marinello, On your knees. Esso si rivela uno studio sulle canzoni degli U2, a partire dai primi album fino ai più recenti, analizzando ogni canzone alla ricerca di riferimenti biblici e alla religione cristiana. Ad ogni pagina si evince come l’autrice ne abbia trovati in quantità, dimostrando una grande prova di fede – più o meno velata – tra le parole venute fuori dalla potente voce di Bono. Il titolo, On your knees (tratto da un verso di “Mysterious ways”, 1991) si rivela dunque un’esortazione dell’artista sull’umanità a “inginocchiarsi”, a cercare ben più delle cose terrene e materiali che ci circondano, ma anche qualcosa di spirituale, di superiore, che migliori la nostra vita.

Nella lunga carriera degli U2, tra mutamenti di percorso e adattamenti, è rimasta almeno una costante secondo il pensiero dell’autrice: ogni loro canzone descrive la condizione umana e la continua ricerca di Dio; un unico, grande inno a Dio, alla sua presenza e all’amore che ci dà.

L’autrice, in definitiva, individua religione, spiritualità e fede nella musica degli U2; la voglia di trasmettere un messaggio che perduri nella vita di tutti. Un modo per dire grazie, come lei stessa sostiene, a chi con musica e canzoni è stato così tanto parte della sua vita da essere “non solo rifugio ma anche guida”.

On your knees si rivela dunque un volume imperdibile, per i fan della band innanzitutto, ma anche per tutti coloro che ricercano spiritualità e fede in contesti inaspettati.

Come nasce quest’opera letteraria?

Una sera di alcuni anni fa, era nel dicembre del 2012, ero ad un concerto di una coverband degli U2 e ascoltando ’40’ ho cominciato a chiedermi: “Se questo brano è la messa in musica del Salmo 40 quanti altri riferimenti biblici potranno esserci nelle canzoni degli U2?” e così è nata l’idea del libro. All’inizio forse più per gioco, quasi un passatempo, poi, inoltrandomi nella ricerca, ho capito che c’era davvero tanto da dire. Ho iniziato a vedere gli U2 da un’altra prospettiva, quasi spaventata da quello che avevo trovato e che non ero mai riuscita a vedere prima. All’inizio del 2013 il libro è diventato una cosa seria, reale, e voleva essere un modo per dire grazie a chi con musica e canzoni era così tanto parte della mia vita da essere non solo rifugio ma anche guida.

Nel giugno 2014 la soddisfazione di vedere la versione italiana del libro finita e pubblicata, seguita a settembre dalla versione inglese.

Nel 2016 infine la pubblicazione cartacea.

 

Quale messaggio vuoi trasmettere a tutti coloro che si ritroveranno tra le mani questo libro?

Sono cosciente che nessuna analisi potrà mai sottolineare a sufficienza la forza del messaggio di fede e profonda spiritualità che Bono vuole infondere con le sue liriche ma spero che il mio tentativo di indagare quanta Bibbia ci sia nelle canzoni degli U2 possa rafforzare l’idea che questa non è solo una rock band ma è qualcosa di infinitamente più grande.

Leggi il mio libro perché…

Rispetto agli altri libri sulla Band, il mio è un libro molto tecnico e questo è tanto il suo punto forte quanto il suo punto debole. L’essere un libro così tecnico lo rende diverso da tutti gli altri, ma, lo ammetto, può a tratti risultare difficile e pesante da leggere. Credo di averlo reso interessante col parallelismo tra la Bibbia e le canzoni degli U2 e punto sul fatto che possa incuriosire scoprire quanta Bibbia ci sia effettivamente nei loro testi sapendo a priori quanto è sempre stato importante per Bono e per la band l’argomento religione. E poi è l’analisi religiosa delle loro canzoni fatta da un’atea.

Mi piace fare un esempio del mio lavoro riportando parte dell’analisi di ‘Vertigo’: “[Vertigo] è la canzone di apertura del disco e con i primi versi vediamo come essa si ricollega alla chiusura dell’album, in un cerchio perfetto: “unos, dos, tres, catorce” è un riferimento biblico. Si legge infatti come 1=primo testamento; 2=secondo libro; 3=terzo capitolo; 14=versetto quattordici, ovvero “And God said unto Moses, I AM THAT I AM: and he said, Thus shalt thou say unto the children of Israel, I AM hath sent me unto you”. I AM altro non è che Dio, più precisamente il nome che Dio stesso si da. E dopo questo inizio l’album si conclude con una canzone dal titolo‘Yahweh’, che è ancora il nome di Dio. E il cerchio si chiude”.

E poi questo libro è una lettura religiosa data da un’atea…

 

Progetti futuri?

Si, ho in testa una mezza idea per un altro libro, sempre sugli U2 ma tutt’altro argomento. L’idea va approfondita e sviluppata, ma c’è e presto prenderà la sua forma definitiva.

 

 

Il libro merita 5 stelle su 5 dunque… correte a acquistarlo!

 

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Il filo di Arianna di Anna Profumi

“Fu pervaso da una sensazione strana, una dolce malinconia. Sentì che quel brusio sapeva di famiglia, di un’emozione sconosciuta per lui. Lo colse un desiderio, inspiegabile e inconscio, di appartenere, in qualche modo, a quelle due donne. Era un legame che sentiva consolidarsi al di là dei vincoli di parentela. Forse il destino gli concedeva una nuova possibilità.”

Anna Profumi ritorna sulla scena editoriale con Il filo di Arianna, edito da Monetti editore.

Narra di Arianna ed Eleonora, due sorelle della buona società torinese con caratteri profondamente differenti. Il romanzo narra le loro vite attraverso un ampio arco temporale, dagli anni ’50 fino ai giorni nostri; Eleonora sposa Steven, medico inglese, ma non avranno figli, mentre Arianna metterà su famiglia con Andrea, ambizioso manager della cantieristica navale. Due vite apparentemente felici, ma che con il tempo vedranno la passione spegnersi per varie ragioni. Questo spingerà Eleonora e Andrea a cominciare una relazione clandestina, per dimenticare i problemi che affliggono le loro famiglie; ma il momento delle scelte non si può rimandare in eterno, perché un giorno l’insistenza con cui busserà alla propria porta sarà impossibile da ignorare.

I temi sono molti, tra cui la famiglia, l’amore – “la sublimazione dell’anima”, come ci ricorda l’autrice – e la passione: temi che s’intrecciano come un groviglio di rovi intorno al cuore delle due sorelle quando scoprono di trovarsi intrappolate in una vita tutt’altro che soddisfacente.

 

Una realtà dura e drammatica, non diversa da quella che affligge molte famiglie della nostra epoca, in cui si fatica a ricordare una realtà nascosta: la libertà, il tema più importante di questo romanzo. La libertà di scegliere cosa fare della propria vita. Eleonora e Arianna ricorderanno in modo doloroso questa realtà, quando comprendono di non ricevere più alcuna gioia dalle loro vite. A quel punto, il bisogno di ritrovare la serenità spingerà entrambe a compiere la fatidica scelta, affrontando con coraggio ogni conseguenza.

 

Attraverso uno stile semplice, diretto e senza sbavature, l’autrice ci regala una storia intensa in poche pagine, arricchito dall’eleganza del panorama inglese e quello del nord Italia. Una storia breve, ma capace di emozionare a lungo.

 

Come nasce quest’opera letteraria?

Questo libro nasce per una doppia esigenza. Rendere giustizia ad una storia vissuta anche se non proprio in prima persona, ed il bisogno come scrittrice, di calarmi nei panni delle due protagoniste, due donne profondamente diverse tra loro, Arianna ed Eleonora, sorelle e nemiche.

 

Quale messaggio vuoi trasmettere a tutti coloro che si ritroveranno tra le mani questo libro?

Un storia nella quale possono riconoscersi molte donne, una vicenda non troppo diversa o lontana dalla realtà, un percorso difficile da affrontare, la consapevolezza di un fallimento e al tempo stesso di una rinascita.

Leggi il mio libro perché…

Perché nella vita succedono tante cose, non è sempre facile combattere, tante volte purtroppo si soccombe. La protagonista principale del mio libro, con la sua scelta estrema, manda un messaggio di speranza al lettore. Bisogna essere tenaci, credere in se stessi, non arrendersi e sfidare il destino anche quando tutto appare impossibile.

 

Progetti futuri?

Molti nel cassetto, come sempre. Ho iniziato a scrivere il mio quinto libro, la trama è già chiara nella mente anche se questa volta non mi sono data una scadenza precisa. Il mio lavoro di amministratrice di un gruppo culturale su FB e la mia attività di blogger mi rubano molto tempo. Scrivo per passione la sera tardi e di notte, quando nella tranquillità e nel silenzio riesco a concentrarmi, raccolgo tutte le idee e cerco di trasformarle in pensieri veri e propri. So che questo è il mestiere più bello del mondo e non intendo rinunciarci.

 

Il libro di Anna Profumi merita 5 stelle su 5.  

 

 

 

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Il viaggio degli eroi – Il Giuramento di Cristian Taiani

Il Guerriero dentro di noi ci impone di essere coraggiosi, integri e forti, capaci di fissarci delle mete e di raggiungerle, di evadere dai confini che ci imprigionano e di partire alla conquista del mondo.

Con questo estratto introduco Il viaggio degli eroi – Il Giuramento, di Cristian Taiani, primo capitolo di una nuova saga fantasy tutta italiana.

Ventesima Era dopo la Guerra Sanguinosa. Da tenebre ignote emerge un giorno Cortez, adoratore dell’oscuro Senza Nome, che con l’inganno spinge tre abitanti di Radigast a compiere un giuramento che li lega indissolubilmente a lui. I “prescelti” sono il giovane mago Talun, la mezz’elfa Rhevi e l’enigmatico guerriero Adalomonte. Costretti dal marchio del giuramento che in caso di disobbedienza li ucciderebbe, i tre iniziano un viaggio alla ricerca di una misteriosa foglia – di cui Cortez ha un disperato bisogno – oltre che di un modo per spezzare il legame con il diabolico individuo. Sarà un viaggio lungo e ricco d’insidie, tra boschi incantati, regni barbarici, viaggi nel tempo e gelide acque infestate da bestie marine. Un viaggio che si rivelerà decisivo per le sorti del mondo stesso, poiché questi nuovi eroi lotteranno per impedire che esso bruci tra le fiamme di una nuova guerra.

L’universo fantasy si arricchisce così di una nuovissima saga, con una trama dettagliata e strutturata al punto giusto. Evidente la cura anche nei particolari e nella caratterizzazione dei personaggi. Con il suo stile pulito e scorrevole promette emozioni in quantità dalla prima all’ultima pagina. Benché il titolo preannunci apparentemente un’ennesima avventura in un mondo magico, basterà sfogliarlo per capire che le sue pagine contengono molto di più. Il viaggio degli eroi, in definitiva, si rivela una lettura molto piacevole che non potrà mancare nella collezione di ogni amante del fantasy, né i suoi capitoli futuri.

Come nasce questa tua prima opera letteraria?

Il romanzo nasce quasi per scherzo, essendo un accanito giocatore di giochi di ruolo mi sono ritrovato a narrare un’avventura per i miei amici, più entravo in profondità più loro ne rimanevano stupiti, dicendomi che non sembrava una storia per giochi di ruolo ma un vero e proprio romanzo. Avevo inventato un mondo intero e con esso tutti i suoi abitanti, gli dei, gli eroi, le leggende. Avevo donato al mondo di Inglor passaggi storici, mi ero spinto oltre. La mia fervida fantasia già traboccava in tenera età come è giusto che sia, ma a differenza di qualche altro bambino io scrivevo e illustravo le mie storie. Per la scrittura ne possiamo parlare, per il disegno decisamente no. Disegno ancora come un bambino dell’elementari. Comunque, una volta finita l’avventura del gioco ho detto perché non provare a trasformarla in un racconto come facevo da bambino? Cosi è stato, ho cominciato a scrivere sotto le note della musica, che mi accompagna costantemente nella creazione. Da cinquanta pagine ne sono diventate cento, ed infine trecento ottanta, ed ancora non ho raccontato nulla di tutto quello che la mia mente e il mio cuore ha inventato.

Quale messaggio vuoi trasmettere?

Il messaggio che vuole trasmettere il viaggio sta proprio nel titolo del romanzo, tutti noi ad un certo punto iniziamo quel viaggio, che sia sentimentale, religioso, lavorativo, e chissà quanti altri. Partiamo in un modo e torniamo, se lo facciamo, in un altro. Nel caso di Rhevi, Talun e Adalomonte il loro percorso li cambierà radicalmente. Quello che voglio trasmettere è che noi possiamo fare tutto, siamo perfettamente dotati per compiere grandi imprese, a patto che decidiamo di farlo. Tutti i nostri sogni sono creati dal nostro cuore per essere esauditi, senza alcun dubbio. Il viaggio degli eroi è la prova concreata che questo può accadere, se ci sono riuscito io puoi farlo anche tu!

Leggi il mio libro perché…

Perché leggere il mio libro? Bella domanda, io credo che sia un fantasy da leggere assolutamente e non voglio peccare di superbia, ne ho letti molti, mi hanno formato e mi sono ispirato per la creazione del viaggio degli eroi il giuramento. Ho introdotto nelle sue pagine tutte le sfumature dei classici e dei pionieri del genere rendendole mie, con novità entusiasmanti. Ricco di colpi scena che lasceranno a bocca aperta i lettori, ce ne è per tutti anche per chi ama i cattivi! Si perché io adoro i cattivi, questo non vuol dire che un libro su di loro, almeno non il primo. Non voglio incappare in spoiler ma il viaggio inizia in modo molto classico per poi trasformarsi in qualcosa di veramente inaspettato. Cosa potrei aggiungere, vi piacciono gli elfi? Ci sono, i guerrieri tenebrosi? Ci sono, i nani? Ci sono, gli gnomi? Ci sono, i draghi? Ci sono, i pirati? Ci sono, le guerre? Ci sono, i maghi? Ci sono… i viaggi nel tempo? Ci sono, ops piccolo spoiler, mi fermo qui.

Progetti futuri?

Questa domanda mi piace da morire, perché amo il futuro, perché posso crearlo. Il passato è li ma il futuro dannazione! Amo scrivere e continuerò a farlo e vorrei crearmi una schiera di fan che mi segua nel mio personale viaggio, vi prometto non vi deluderò. Ovviamente nel futuro imminente c’è il mio viaggio degli eroi il giuramento. Che sto continuando a scrivere, perché è il primo di un ambizioso progetto. Sto prendendo contatti per farlo tradurre in inglese per il mercato americano ed europeo. Una volta concluso questo spero di scrivere un romanzo thriller horror. Ma qui ci stiamo veramente inoltrando in un futuro lontano. Ma è un sogno e quindi va realizzato.

Il libro di Cristian Taiani merita 4 stelle su 5.

 

 

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“Sangue sulla pista” di Francesco Bonvicini

“Nel 1976 Dio, o il Destino, o il Fato, o come lo si preferisca chiamare, aveva concesso a Niki Lauda il biglietto di ritorno per il suo viaggio all’inferno. Minato nel fisico e nella psiche, trovò la forza di reagire, tornando il campione che tutti avevano conosciuto.

Nel 2011 Dio, o il Destino, o il Fato, o come lo si preferisca chiamare, aveva disponibile il solo biglietto di andata.”

Con questo estratto introduco Sangue sulla pista, terzo romanzo della saga di Francesco Bonvicini edito da Pegasus. Inizia con la morte di un uomo in viaggio sulla sua Porsche lungo la Nordschleife, il tracciato del Nürburgring noto per il grave incidente che occorse a Niki Lauda durante il Gran Premio di Formula 1 del 1976. Pur essendo avvenuta fuori dalla giurisdizione della Polizia Criminale di Colonia, questa rivendica l’indagine poiché la vittima era un Procuratore di Stato della città renana. Da qui parte un’indagine complessa e articolata – ostacolata in alcuni frangenti dalla “competizione” tra la Polizia Criminale e quella federale – che porterà gli agenti sempre più vicini alla soluzione. Nel frattempo cadranno nuove vittime lungo le strade del Land, le quali si macchieranno del loro sangue annerito da oscuri segreti.

Attraverso gli occhi di numerosi e complessi personaggi, l’autore ci fa sfrecciare con la sua fantasia attraverso strade lontane colme di mistero e suspense. È una storia interessante in ogni sua parte, non solo per la trama ma anche per le curiosità inserite dall’autore su Colonia e dintorni. Una miscela apparentemente pesante da ingerire, che tuttavia si rivela scorrevole e tiene il lettore incollato al racconto fino alla fine. Sangue sulla pista rispecchia, con cura e in modo appassionante, luoghi e valori di una terra lontana come Colonia, che di certo vale la pena di visitare almeno una volta nella vita. Ottima per gli appassionati del genere.

 

Come nasce quest’opera letteraria?

Nasce innanzitutto come la naturale prosecuzione della saga “Sangue su Colonia”, questo è il terzo romanzo. Ma, al di là delle molte considerazioni che possiamo fare, personalmente mi soffermerei sul fatto che in “Sangue sulla pista” si assiste a un’ulteriore evoluzione dei personaggi già noti, mentre con quelli, diciamo così, specifici di questo romanzo, il lavoro di “scavo” all’interno di loro è stato forse più profondo del solito. Tutto questo grazie all’aiuto fornitomi da una persona in particolare tra quelle citate nei ringraziamenti finali.

Quale messaggio vuoi trasmettere a tutti coloro che si ritroveranno tra le mani questo libro?

Riallacciandomi a quanto sopra, direi di cercare sempre di essere noi stessi in qualsiasi circostanza e di guardare la persona e non i titoli ostentati o gli abiti indossati, in tutti i sensi.

C’è anche un invito a non dimenticare; ho citato alcuni episodi storici, come il massacro di Novi Sad, l’invasione sovietica dell’Ungheria e le guerre nella Repubblica Democratica del Congo. Ma mi piace anche pensare che ci ho messo anche alcuni messaggi di speranza in questo mondo corrotto e costellato di problemi.

Leggi il mio libro perché…

Per chi ama i romanzi seriali, i thriller, per chi cerca qualcosa di diverso dal solito. E per coloro i quali credono che c’è luce in fondo al tunnel.

Progetti futuri?

Tra una presentazione e l’altra e, speriamo, anche qualche premiazione, ho cominciato ad abbozzare il quarto romanzo della saga, mentre per il quinto è pronta la scaletta. Ho tanto materiale, parte del quale ancora da studiare.

E poi ho un sogno nel cassetto che non rivelo nemmeno sotto minaccia di decapitazione; ne parlerò solo se sarà realizzato.

Per il resto, come dico sempre in conclusione dei miei post su FaceBook,… Bleiben sie dran!!!!

 

L’autore merita 5 stelle su 5 e potete acquistarlo online.

 

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“Zetafobia” di Gualtiero Ferrari

“Si dice che in guerra la prima vittima sia la verità; mi chiedo come stia di salute in tempo di pace. Secondo me, se non è morta, è quantomeno in coma”.

Gualtiero Ferrari esordisce nel mondo editoriale con Zetafobia, romanzo finalista al premio Odissea 2017. L’autore ci narra questo nuovo orrore che dilaga tra le strade di Torino attraverso gli occhi di Domenico, onesto lavoratore, marito e padre di famiglia; un uomo qualunque, insomma, che quotidianamente si fa il mazzo per mantenere la famiglia e un buon tenore di vita. Una quotidianità che viene improvvisamente spezzata – insieme al resto dell’umanità – dalla diffusione di un virus aviario che trasforma le persone nei classici, famelici morti viventi. Per una fortuita coincidenza (mossa dalle sue paranoie), Domenico ha raccolto viveri e armamenti in quantità poco prima dell’apocalisse, così, quando gli zombie iniziano ad invadere le strade del suo quartiere, lui e la sua famiglia sono pronti a opporre una dura resistenza, in attesa di un miracolo che gli conceda la salvezza.

Anche se il romanzo non aggiunge nulla a quello che ormai è definito “il filone apocalisse-zombie”, Zetafobia si rivela comunque una storia intrigante, originale e ben strutturata.

A fare la differenza è soprattutto lo stile di scrittura, unito all’ambientazione puramente italiana. Non si parla principalmente di morti viventi, di mostri divoratori di carne umana, bensì dell’umanità che lotta per la sopravvivenza tra le strade di un mondo distrutto. L’autore ci mostra le inevitabili conseguenze della nostra società dilaniata da un’immaginaria invasione di non-morti: l’interruzione di corrente e dei più comuni servizi pubblici; episodi incontrollabili di crudeltà e sciacallaggio; disperate richieste di aiuto attraverso la rete; il suicidio come ultima risorsa, quando non rimane più alcuna speranza. Questo e molto altro dovrà affrontare Domenico, tutt’altro che il classico eroe armato e pericoloso a cui siamo abituati, poiché in ogni suo gesto si evince il terrore che lo domina all’idea di cosa infuria fuori dalla porta di casa sua. Ciononostante, ad ogni suo gesto dimostrerà come non sia per nulla disposto ad andare all’altro mondo mentre protegge i suoi cari dall’orrore.

Zetafobia appassionerà tutti gli amanti del genere apocalittico e chiunque sia alla ricerca di un’avventura nostrana tutta nuova.

 

Come nasce Zetafobia?

Qualche anno fa iniziai a leggere tutto ciò che era horror, nello specifico zombie. Terminati i romanzi più blasonati mi sono immerso nella lettura di autori poco famosi, se non addirittura sconosciuti o esordienti. Trovai moltissime opere di qualità, alcune vere e proprie perle rare, in mezzo a un mare di mediocrità e numerosi scritti a dir poco scarsi. L’idea nacque in quel momento, al termine dell’ennesimo pessimo finale. Pensavo di poter scrivere meglio di alcuni degli autori dei quali mi ero fidato, così, quasi per gioco, iniziai ad abbozzare il prologo. La prima stesura mi ha preso un anno di vita. Ho un lavoro che mi occupa gran parte della giornata, perciò scrivevo nei ritagli di tempo, il mattino presto e la sera tardi o tardissimo. Visto, però, che mia moglie voleva dormire comprai un portatile di seconda mano, regolai la luminosità al minimo e iniziai a scrivere di zombie e morti che camminano la notte, al buio, nel silenzio della campagna.

Quale messaggio vuoi trasmettere a tutti coloro che si ritroveranno tra le mani questo libro?

A mio parere un romanzo horror, più nel dettaglio un romanzo a tema zombie, non dovrebbe avere la pretesa di voler trasmettere una morale universale. Men che meno desidero farlo io. Al più, se proprio si vuole scavare per trovare un filo conduttore, ne individuo tre.

La famiglia viene prima di tutto. Il protagonista lotta per salvare i propri genitori e per proteggere moglie e figlio. Si tratta di un istinto naturale, che si ritrova in tutta la narrazione. Ogni decisione è finalizzata, anche prima dello scoppio dell’epidemia, alla difesa dei propri cari.

Con volontà e preparazione si può (quasi) tutto. Una parte del romanzo è dedicata a parti “tecniche”, in senso lato. Il protagonista spiega in dettaglio come costruire armi partendo da giocattoli; in che modo sia possibile rendere pressoché autosufficiente la propria abitazione; i sistemi usati per trasformare un semplice furgone in un mezzo blindato a prova di zombie. Il messaggio sott’inteso è: con la determinazione si può ottenere moltissimo, forse non proprio tutto, ma più di quel che si crede.

Un piano B serve, sempre. Anche questo è un leitmotiv richiamato più volte testo. In barba a quanto detto appena sopra, non importa quanto ti prepari per una evenienza, studia anche una soluzione se le cose dovessero andare davvero male.

 

Leggi il mio libro perché…

È un libro che trascina il lettore al centro di un’apocalisse zombie pur rimanendo al sicuro, comodamente seduto in poltrona. Certo è un romanzo per gli amanti delle zombie novel, o più in generale del genere horror, però ho cercato di dare uno stile fluido che permetta di vivere in prima persona quanto accade al protagonista senza essere pesante, così che possano apprezzare anche i lettori meno avvezzi a questo genere.

 

Progetti futuri?

L’idea originale era di realizzare una trilogia della quale Zetafobia sarebbe stato il primo capitolo. Visto il successo del romanzo, ho rispolverato gli appunti e iniziato la stesura del secondo libro della saga. Con un po’ di fortuna potrebbe essere tutto pronto per la primavera dell’anno prossimo.

 

 

Zetafobia di Gualtiero Ferrari merita 4 stelle su 5, lo trovate al seguente link

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“I frustrati” di Marco Leoni Mantovani

Qualcuno dice che la vita è un affare complesso. Se ciò fosse vero si potrebbe rispondere con un solo gesto: la lettura. E non letture qualsiasi ma letture che fanno bene all’anima.

Marco Leoni Mantovani, vive a Milano e ha scritto “I Frustrati” un romanzo edito da Bibliotheka.

Siete tristi? Annoiati? Questo libro farà per voi.

Descrizioni, personaggi, scenari sono così perfettamente scritti che vi affezionerete con estrema facilità.

Il protagonista, un appassionato nei dettagli del vestiario, si chiama Matteo Fumagalli, un amante del rituale del mattino: doccia, scelta dell’abito, pochette e camminata verso il lavoro è un protagonista che vi farà ridere dalla prima all’ultima pagina. Duecento pagine che scorrono con facilità, duecento pagine che vi terranno compagnia grazie al modo di scrivere dell’autore che vi stupirà sempre di più.

Matteo, però, non è da solo, c’è anche la compagnia di Sabrina, che la prima volta insorge a notte fonda a casa del protagonista che, nel mentre, ospita un altro protagonista molto particolare e chiuso verso il mondo: Leonardo che  ama dormire in una scatola all’interno della casa del protagonista Matteo. Poi c’è un’altra donna, Cinzia, dapprima timida poi dimostrerà esser una bella persona, d’animo e di sentimenti.

Un romanzo che dovrebbe prender vita sempre. Un romanzo che dovrebbero conoscere in tanti.

5 stelle su 5 e…. vi passerà il broncio.

Intervistato per l’occasione ecco cosa dichiara:

 

Come nasce quest’opera letteraria?

In un periodo in cui letteratura e cinema propongono eroi improbabili, ho voluto scrivere la storia di un uomo comune, immerso nella quotidianità nella quale una parte consistente degli individui può riconoscersi. Gesti che si ripetono giorno dopo giorno, anno, dopo anno, ci spersonalizzano, ci trasformano in automi. Nell’era che viviamo, nella quale chiunque vuole ritagliarsi una fetta di popolarità proprio per sfuggire alla routine dell’esistenza, il protagonista vi è perfettamente calato. Oggi vediamo illustri sconosciuti condividere post su Facebook con la modalità “visibile a tutti” e ricevere solo un paio di commenti dai propri contatti, attaccano in maniera pretestuosa politici e giornalisti sulle loro pagine con la speranza, vana, di ottenere un risposta che equivale a un attimo di fuggente celebrità. Matteo Fumagalli, il personaggio principale di questo libro che porta non a caso un nome assai diffuso in tutta la Lombardia, vive con estrema insofferenza la sua normalità.

 

Quale messaggio vuoi trasmettere a tutti coloro che si ritroveranno tra le mani questo libro?

Nessuno è semplicemente buono o cattivo, siamo prodotti della società moderna e ci comportiamo di conseguenza. Dostoevskij, attraverso Roman Raskolnikov, protagonista del suo Delitto e Castigo, già diceva che esistono uomini ordinari e uomini straordinari. I primi sono coloro che vedono la loro vita scorrere e non chiedono altro, i secondi sono coloro che hanno il coraggio di agire, andare controcorrente, commettere gli atti più efferati in nome di un ideale o per puro egoismo, certi che la storia li perdonerà. La morale di Matteo gli preclude di macchiarsi di gesti esasperati, ma la voglia di emergere dal grigiore quotidiano non gli impedisce di approfittare delle conoscenze e delle occasioni che gli si presentano. Opportunista? Sì, lo è, ma chi non lo sarebbe, se cogliere una possibilità, forse l’unica della vita, non nuocesse a nessuno?

Leggi il mio libro perché…

È opera di uno che dice (e scrive) ciò che pensa anche se è politicamente scorretto, in barba alla moda radical chic degli ultimi anni.

 

Progetti futuri?

Un lavoro completamente diverso dal precedente, un romanzo che definirei pulp con molto sesso e violenza trattati in modo esplicito, è in fase di valutazione presso diversi editori. Come inedito ha già ottenuto pareri positivi dalla critica pur non avendomi portato riconoscimenti (in sostanza sono stato finalista, ma non ho vinto il primo premio). Un altro ancora, un fantapolitico, è quasi terminato e poi ho altre delle bozze qua e là. Il prosieguo della mia attività dipende dal successo che ne ricaverò, essendo un tipo piuttosto pragmatico…

 

Duecento pagine da leggere e da acquistare ad un prezzo di 13 euro.

 

Dove acquistarlo? QUI

 

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Lo Storione di Cristina Basile

Quanti di voi hanno, almeno una volta nella vita, messo nero su bianco uno o più sogni fatti la notte prima? Io ci provai una volta e mi parvero grotteschi e senza senso, più avanti capii che ero io a dover dargli un’interpretazione. Cristina Basile, la nostra autrice di oggi, nata a Roma, età 28 anni, da cinque anni residente a Parigi; ci fa fare un excursus nella sua mente attraverso i suoi sogni.

Leggendo il libro Lo Storione ci ritroviamo ora in un bosco, ora in un incubo o in un oceano dove sembrano cadere le speranze dell’autrice. Lei ci racconta delle stranezze della sua famiglia tramite la figura della mamma, della nonna, delle cugine e degli zii e di come questi fanno ad influenzare il suo riposo notturno.

Bisogna anche soffermarsi sul titolo dell’opera, lo storione. Lui viene utilizzato come una sorta di tramite, infatti, dentro la pancia di questo pesce nuotano donne con bei nomi: Gigliola, Rosa, Ottavia, Abigail che vengono accompagnata dalle illustrazioni realizzate dalla stessa autrice.

Se avete voglia di curiosare nella mente di una donna che è consapevole delle sue incertezze ma anche delle sue certezze conquistate durante il suo vivere in giro per il mondo, potete buttare un sguardo su questa raccolta di racconti.

Come nasce quest’opera letteraria?

Il punto di partenza de «Lo Storione» sono stati pezzetti di storie che nel mio vocabolario artistico chiamo scampoli poiché, come pezzetti di tessuto, una volta cuciti insieme, formano una storia più grande. In principio, non ne conoscevo né capo né coda.

Col tempo si è delineata una raccolta di racconti, nata da una forte esigenza di scrivere di guarigione; un’esigenza cresciuta in me dopo aver assistito ad alcune convalescenze, perlopiù di tipo psicologico e causate da rotture, lutti, delusioni.

Non mi interessavano le cause di questo malessere, quanto il processo di ricostruzione di sé che la persona metteva in atto, non potendo più volgersi all’oggetto d’amore ormai perduto.

Nella descrizione di questo tema volevo che partecipassero sia la scrittura che il disegno: il primo per la chirurgica capacità di rendere conto della narrazione dei fatti, per la chiarezza che sa generare; il secondo per come sa entrare nelle pieghe della sfera dei sentimenti, mai definitiva, in continuo divenire e che non ama essere acciuffata.

 

Gli altri due temi che mi stanno molto a cuore e che ho provato a sviscerare sono il linguaggio dei sogni, come questi partecipano della vita diurna, e i legami familiari.

«Sandrine e Escargot John», che pure si riallaccia al discorso sulla guarigione, descrive gli incubi che animano le notti di una ragazza che cerca di ricostruirsi dopo una separazione. Sandrine non è il suo nome, ma quello del personaggio che popola le sue notti e che, come tutti gli incubi, è assurdo, spaventoso, fastidioso. La personificazione della sua sofferenza.

È in «Gigliola non ha più sangue» che parlo invece del legame familiare, di quei pensieri e abitudini che spesso ci portiamo dietro trascinando, come eredità non desiderate, vecchie generazioni e di cui non ci si sbarazza per paura. Questa trasmissione, nel caso del racconto, avviene solo sulla linea femminile. Fino ad ora ho preferito scrivere guardando il mondo dagli occhi di una donna; prossimamente mi piacerebbe mettermi nei panni di un uomo.

 

Quale messaggio vuoi trasmettere?

Scrivo come se dipingessi, scrivo quadri, acquerelli se potessi scegliere la tecnica. Ciò che mi interessa trasmettere, prima ancora che un messaggio, sono delle immagini; dare al lettore l’impressione di aver fatto un’esperienza cromatica oltre che narrativa.

Il colore veicola le emozioni tanto quanto le parole, se non meglio in alcuni casi, con un’immediatezza particolare. Combinare i due linguaggi realizzava perfettamente ciò che avevo in mente, ossia delle emozioni, prima ancora che un’opinione su un argomento specifico.

 

Leggi il mio libro perché…

Consiglierei il mio libro a tutti quegli adulti che reclamano per sé il diritto ad avere un libro illustrato tra le mani, pur non avendo dieci anni da trent’anni. A quanti non abbiano problemi con una prosa a tratti poetica e non siano attaccati al realismo narrativo; a chi da una tale importanza al mondo onirico da dormire sempre con un taccuino vicino al letto, dove trascrivere ciò che ha sognato prima ancora di fare colazione.

 

Progetti futuri?

Nel cassetto ho tanti racconti, poesie, favole che mi sono promessa di finalizzare e illustrare nei prossimi mesi. Li rilegherò e li promuoverò come ho fatto con «Lo Storione». Mi piacerebbe anche partecipare ad un’antologia, essere una voce in un coro, su un tema condiviso.

 

Numero di stelle 4 su 5 – Lo storione di Cristina Basile – Editore: Create Space Indipendent Publishing Platform – 60 pagine – prezzo di copertina 9,36 euro.

Sito di riferimento

Instagram: Terradimandorla

 

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Francesca Ognibene in “Quel figlio negato”

“Non so perché la vita si è accanita così su di me, su di noi. Cerchi delle motivazioni. Ti chiedi se è perché hai fatto cattiverie di cui non ti sei accorto neanche o non ne hai calcolato l’importanza. Ma poi ti chiedi se davvero dire a una ragazzina ‘Non volevo invitarti alla mia festa, in realtà. Tu mi stai antipatica. Volevo dirtelo’ possa essere la causa scatenante di tutto questo dolore”.

Con questo estratto introduco la nuova opera di Francesca Ognibene, Quel figlio negato, edita da L’Erudita. L’autrice ritorna nel mondo editoriale con la storia di una donna, Virginia. Attraverso i suoi occhi e le sue parole vivrete la sua esperienza – nonché il suo profondo desiderio – di diventare madre. Un lungo percorso, affrontato insieme al marito Federico, in varie fasi, dalla fecondazione assistita all’aborto, fino alla scelta dell’adozione. Quando infine la piccola Giulia entra nella vita di Virginia tutto sembra andare per il meglio, finché una nuova disgrazia non bussa prepotentemente alla porta della famiglia per portarsi via questa rinnovata felicità.

Lo stile è fluido e scorrevole, ricco di descrizioni narrate al presente che vi accompagneranno per tutta la durata del romanzo. È una storia che emoziona, che commuove, ma soprattutto una storia che incoraggia. Quel figlio negato è un messaggio d’incoraggiamento rivolto a tutte le donne che desiderano essere madri con tutto il cuore, ma che per vari motivi il mondo odierno nega loro questa possibilità. È una storia che ricorda a tutti come essere madri non sia un sogno impossibile, e che per realizzarlo vale la pena lottare. Con tutte le proprie forze, con tutto il cuore.

Come nasce quest’opera letteraria?

“Quel figlio negato” nasce da vari input del mio quotidiano. Sempre più spesso mi capitava di ascoltare storie di coppie impossibilitate alla procreazione. Causa di un grande dolore che le sovrastava. Ho sentito l’urgenza creativa di raccontare questo profondo dispiacere, cercando di aggiungere anche un linguaggio asciutto, crudo e senza fronzoli. Ad esempio una ragazza mi ha raccontato che dopo avere provato la gravidanza assistita per tre volte di seguito, spendendo quindici mila euro (!) è rimasta incinta naturalmente e poi ha perso il bambino al sesto mese. Questo accanirsi del destino contro di lei mi ha compita molto. Poi un’altra che proprio non è mai neanche riuscita mezza volta a rimanere incinta, per non pensarci puliva casa. E mi raccontava e per sfogarsi e lasciarsi andare piangeva ogni giorno sotto la doccia per non farsi sentire dal marito, già addolorato anche lui. Quando scrivo cerco di raccogliere proprio esperienze dirette che mi hanno raccontato e poi ci aggiungo il mio sentimento crudo come la realtà, ispirandomi per quest’aspetto al grande John Fante.

 

Quale messaggio vuoi trasmettere a tutti coloro che si ritroveranno tra le mani questo libro?

Il messaggio è che la vita può essere dura ma se si tira fuori la propria forza, si può andare avanti a testa alta e senza il rimpianto di non averci almeno provato davvero. Le miei parole, vorrei fossero d’ispirazione e consolazione per le tante donne che soffrono per questa ‘cattiveria’ che la natura ha riservato loro, però vorrei sapessero che non sono sole. E spesso una soluzione c’è ma bisogna provarci e provarci ancora senza abbattersi.

 

Leggi il mio libro perché…

Perché potrebbe farti riflettere rispetto a un dolore che può essere devastante, ma anche per trovare quasi una chiave per reagire, come fa la protagonista Virginia che pur di andare avanti e tenere tutto assieme, arriva a cambiare anche stato. Poi l’ho scritto cercando di rispettare il dolore senza farlo diventare troppo alla mercé perché questa sofferenza, spesso è interiore, nascosta agli amici, alla famiglia.

 

Progetti futuri?

Scrivere un libro nuovo mettendomi nei panni di una bambina che deve affrontare dei bulli. Racconterò il suo dolore ma anche le darò la mia forza, come vorrei darla a tutti gli adolescenti che oggi hanno questo grande problema, amplificato dal web che diventa un nemico.

 

 

Il libro di Francesca Ognibene merita 5 stelle su 5.

Acquisto online

 

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Urbexery Art- Intervista ESCLUSIVA

Arte, modernità, antichità: di cosa vi parlo oggi?

Chi siete?

Noi siamo gli “Urbexery Art”

 

Di cosa vi occupate?

Ci occupiamo di esplorazione urbana, documentiamo tramite fotografia digitale luoghi abbandonati come chiese, ville, castelli, discoteche ecc… tutti luoghi un tempo carichi di vita, noi cerchiamo di riportarli alla luce e al recupero di essi. Tutto questo in chiave artistica infatti in tutte le nostre foto prima della pubblicazione c’è sempre un lavoro di post produzione per renderle più suggestive e accattivanti. Da poco abbiamo iniziato anche un percorso di stampe su tela con una nuova tecnica ad olio studiata da noi appositamente per questo tipo di foto, si chiama “Time Technique” ovvero tecnica del tempo, lo scopo è quello di rendere la foto più “vissuta” come appunto i luoghi che visitiamo e questo è un po’ quello che ci differenzia da tutti gli altri gruppi urbex e il nostro punto di forza è inventarci sempre qualcosa di nuovo.

Urbex: da cosa nasce?

L’urbex che sarebbe l’abbreviazione di urban explorer o urban exploration nasce principalmente in America dove gruppi di esploratori urbani si infiltravano in questi luoghi abbandonati documentando tutto con foto, spesso si trattavano di grandi strutture come fabbriche, acquedotti, condotti fognari, ex basi militari. Tutti luoghi però non visibili nella quotidianità dalle persone perché spesso queste strutture si trovano in zone non facilmente raggiungibili o coperte da vasta vegetazione. Questo movimento poco a poco sta prendendo piede anche in Italia come si può notare nei vari social dove gruppi sul tema Urbex sono sempre più numerosi.

Quali sono i pro e i contro della vostra attività?

La nostra attività sul fattore artistico dà molte soddisfazioni per il semplice fatto che hai la possibilità di esplorare luoghi davvero suggestivi e fantastici, quando entri in queste location sembra di entrare in un’altra dimensione, gli odori, le sensazioni, gli oggetti che trovi, sembra di fare un tuffo nel passato e le nostre foto lo dimostrano. Un altro lato positivo svolgendo questo genere di attività è il poter conoscere persone che hanno la tua stessa passione e iniziare collaborazioni artistiche tipo mostre fotografiche o esplorazioni.

Svolgendo questa attività però bisogna stare molto attenti anche ai pericoli in cui si potrebbe incombere, per esempio il cercare di non farsi male durante le esplorazioni, quindi prestare molta attenzione a dove si mettono i piedi e soprattutto cercare di non toccare nulla. Un’altra precauzione per essere sicuri di non finire nei guai è assicurarsi che i luoghi che si visitano siano realmente abbandonati, perché spesso è facile scambiare un luogo semplicemente chiuso da uno abbandonato.

Il nostro genere fotografico è un genere di nicchia quindi forse non ben conosciuto da tutti ma col tempo vediamo che sta sempre più appassionando le persone e questo segnale ci da forza e coraggio a continuare questa strada.

Cosa volete dire a tutti coloro che vorrebbero farlo come voi?

Sicuramente questa se si intraprende seriamente e non come un gioco è una bellissima passione, ovviamente bisogna avere una certa sensibilità per godersi a pieno questi luoghi e avere un po’ di manualità nel fare foto. Bisogna avere una predisposizione per l’avventura ed essere pronti a correre certi rischi per questo diciamo sempre che non è un gioco. Bisogna essere pronti ad affrontare chilometri su chilometri per poi magari arrivati alla location la si trova chiusa (può capitare) e soprattutto bisogna essere rispettosi per le location che si vanno a visitare, il motto urbex dice (raccogliete solo emozioni, lasciate solo impronte) perché il vero urbex non è un vandalo, non è un ladro, non è quello che arreda il posto a suo piacimento per rendere la foto più bella o spacca la porta o finestra per entrare, il vero urbex entra solo se la porta è aperta e non tocca nulla al suo interno, il rispetto per il posto che si visita è fondamentale per noi.

Se senti di avere tutte queste caratteristiche sicuramente passerai delle bellissime esperienze.

 

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